world of darkness

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venerdì 14 giugno 2013

Qui con te

Originariamente postato sul vecchio blog il 21 agosto 2012

Hello (Evanescence)

Playground school bell rings again (La campanella del cortile della scuola suona di nuovo)
Rain clouds come to play again (Le nuvole di pioggia vengono a giocare di nuovo)
Has no one told you she’s not breathing? (Qualcuno ti ha detto che lei non sta respirando?)

Hello, I am your mind (Ciao, sono la tua mente)
Giving you someone to talk to (Ti do qualcuno con cui parlare)
Hello (Ciao)

If I smile and don’t believe (Se sorrido e non ci credo)
Soon I know I’ll wake from this dream (Presto, lo so, mi sveglierò da questo sogno)
Don’t try to fix me, I’m not broken (Non cercare di ripararmi, non sono rotta)

Hello I am the lie (Ciao, sono la bugia)
Living for you so you can hide (Vivo per te così tu puoi nasconderti)
Don’t cry (Non piangere)

Suddenly I know I’m not sleeping (Improvvisamente so che non sto dormendo)
Hello, I’m still here (Ciao, sono ancora qui)
All that’s left of yesterday (Tutto ciò che è rimasto di ieri)

*****

E’ dall’ascolto di questa canzone, Hello degli Evanescence, che è nato il racconto che segue.
Questo brano tratta della morte della sorellina di Amy, la cantante del gruppo, avvenuta quando entrambe erano bambine.
E’ stato così che me lo sono domandata: che cosa si prova? Che cosa si pensa?
Come può vivere una bimba la morte della sua sorellina?
E’ così che ha preso vita Qui con te, l’insieme delle parole nascoste di una bambina senza nome che deve affrontare la perdita della sua sorellina più piccola, che deve anche capirla, nonostante sostenga di conoscere il significato di quella parola.
Perché la morte è sempre difficile da affrontare, da realizzare … e incontrarla in tenera età, anche se passa a prendere  qualcun altro, deve essere un grande mistero.
Non so se ci sia davvero qualcosa di “giusto” o “verosimile” in questo mio racconto; non ho vissuto la situazione di persona quindi, come mio solito, ho provato a scavare nella mente del personaggio, e ciò che segue è quel che ne è venuto fuori.
Ma ora basta ciance, a un certo punto si fanno inutili. Meglio lasciare che calino le ombre. Perché in ciò che scrivo io, le ombre ci sono sempre.

*****
L’immagine che allego è tratta dal video di My Immortal, sempre degli Evanescence, ovviamente. Durante la stesura di questo testo ne ero ossessionata (dall’immagine, non dalla canzone).

*****

QUI CON TE


Dormi, dormi, piccolina
Che domani si avvicina
Nella notte l’aria è fresca
E le stelle san di pesca
Chiudi gli occhi e vedi il mare
Che ti aiuterà a sognare
Gioca, gioca, coi delfini
Che diventan brillantini
Buonanotte, lo sarà
E domani si vedrà …

L’ho cominciata a cantare quando ti ho vista in quel letto. Avevi gli occhi chiusi, ma so che non dormi bene senza la ninnananna della mamma, però lei non poteva cantartela; lei piangeva.
Non capivo perché. Dormivi, e se non senti la ninnananna non puoi fare sogni belli, io lo sapevo.
Lo sapevo perché me l’hai detto tu.
Ti ho preso la mano e ho cantato forte, perché mi dovevi sentire anche se dormivi già.
La tua mano era fredda e mi ha fatto venire da piangere, non so come mai, ma sono andata avanti a cantare lo stesso, per te, perché ne avevi bisogno, ed è questo che fa una sorella grande.
Ho detto così, quando la mamma è arrivata e mi ha preso la mano per portarmi via: no, lei deve sentire la ninnananna, se no non dorme bene. Gliela devo cantare, perché sono la sua sorella grande.
Ma lei non è stata a sentirmi; piangeva forte e mi ha preso in braccio.
Anche se gliela canti, non ti sente più, mi ha detto nell’orecchio e io le ho chiesto perché.
Non mi ha risposto subito. Mi ha stretta più forte e siamo andate fuori.
Io ti ho guardata mentre uscivamo dalla stanza e, a bassa voce, ti ho detto che sarei tornata presto, per finire di cantarti la ninnananna. Non ti sei mossa, ma non importava, perché io sarei tornata come ti avevo promesso.
Ero preoccupata solo che stessi facendo brutti sogni.
Quando io e la mamma siamo arrivate fuori, c’era papà seduto su una sedia, e piangeva anche lui; non capivo perché.
Tu dormivi.
La mamma mi ha messa giù, papà mi ha presa sulle ginocchia e mi ha stretta forte.
Io li guardavo tutti e due e non capivo i loro sguardi, non capivo perché dicevano che dovevano dirmelo insieme. Dirmi che cosa?
Tu dormivi.
La mamma si è accovacciata, e mi ha tenuto la mano forte forte. La sua era calda, non come la tua.
Ho capito quello che mi hanno detto, so cosa vuol dire quella parola; più o meno.
Significa che non torni più, che non ti posso più vedere, ma non ho idea di dove sei andata, non lo so davvero.
Mamma e papà dicono in Cielo, ma io non ci credo, perché se fossi lì, ti vedrei quando guardo su.
Dove sei andata? Mi piacerebbe saperlo, perché qualche volta vorrei venire lì a giocare con te, come facevamo fino all’altro giorno.
Tu perdevi sempre a nascondino e ti arrabbiavi, ti mettevi a piangere: ora posso dirti che è perché baravo sempre e sbirciavo mentre contavo.
Ma se mi dici dove sei adesso, giuro che non lo farò più; ti lascerò nascondere senza guardare.
Tu però non mi rispondi: sono due notti che sto seduta sul letto, stringo forte Blue Dog, e ti chiedo a bassa voce dove sei. C’è sempre silenzio nella mia stanza.
Ma da fuori dalla porta, sento la mamma che piange ancora. Lei crede che dormo, ma non posso senza di te.
So che non puoi tornare, ma spero di sentire la tua voce.
Blue Dog è tuo, e so che lo volevi tutto per te, per questo, se lo stringo io, penso che verrai perché vuoi riprendertelo.
Allora ti chiederò dove sei e non ti lascerò andare via finché non me l’avrai detto.
Sono la tua sorella grande, anche se ho solo cinque anni, e me lo devi dire.
Anche oggi c’è silenzio e qui fuori fa freddo, ci sono le nuvole nere; papà dice che pioverà di sicuro, la mamma non lo ascolta neanche.
La mamma tiene la mia mano e non la lascia mai. E piange. Piange ancora.
Anch’io voglio piangere, ma non ci riesco, perché sono arrabbiata con te.
Non puoi continuare a non ascoltarmi, devi venire a dirmi dove sei andata, se no come faccio a venire a trovarti? Non voglio non vederti più, noi siamo sorelle, dobbiamo stare sempre insieme.
L’avevi promesso, io me lo ricordo.
Eravamo all’asilo quando l’hai detto, nel cortile: io e te giocavamo insieme, da sole, anche se siamo di due classi diverse, anche se tu sei più piccola.
C’era vento come oggi, e c’erano anche le nuvole nere, come oggi.
Ci eravamo arrampicate sull’albero di nascosto, senza farci vedere da nessuno, e lì siamo state a guardare le foglie gialle che cadevano,e poi, su, c’era il cielo tutto grigio, che però era bellissimo quel giorno, perché lo guardavo insieme a te.
Oggi non lo è. Quello di oggi è uguale a quel giorno, ma io lo odio, non lo voglio vedere, perché sono da sola e ho paura.
E sono arrabbiata, tanto.
Non torni nemmeno per riprenderti Blue Dog, che è il tuo pupazzo, non so più cosa fare per convincerti.
Io voglio che torni, anche solo per un minuto, per dirmi come posso fare per venire da te.
Ho paura che se non torni è perché, lì dove sei, hai trovato una nuova sorella.
Siamo stati in chiesa stamattina, lì tutti piangevano, mentre tu eri nel mezzo, dentro quella cosa che si chiama … bara, ha detto la mamma.
Sembrava ancora che stavi dormendo, come quando ti ho visto su quel letto dell’ospedale, e mi è venuta voglia di cantarti di nuovo la ninnananna, per essere sicura che non facessi incubi, o forse perché, se sentivi la mia voce, ti saresti svegliata.
Ma lo so che non puoi; ho detto che so cosa vuol dire quella parola.
Volevo portare Blue Dog in chiesa, ma la mamma mi ha detto di lasciarlo a casa. Avrei fatto finta che lui era te, e lo avrei abbracciato più forte di come faccio di notte, quando spero di vederti arrivare.
So cosa vuol dire quella parola e so anche cosa vuol dire quell’altra: malata.
La mamma la diceva spesso, quando giocavamo, e lei mi sgridava perché ti facevo stancare troppo: Non farla correre, il suo cuoricino è malato. È malata.
Mi faceva un effetto strano sentirlo, così una volta le ho chiesto cosa significava: Il cuoricino di Jenny non funziona bene, mi ha risposto lei, non batte come dovrebbe, non può stancarsi.
Allora cercavo di non farti più correre, così il tuo cuoricino poteva stare bene di nuovo, e ti rimproveravo quando lo facevi per conto tuo: sono la tua sorella grande, ed era compito mio.
Quel giorno poi eravamo all’asilo, tu nella tua classe e io nella mia; c’è stato un gran trambusto, poi è arrivata l’ambulanza, che ti ha portava via subito.
Io ti ho vista mentre eri sdraiata per terra, con gli occhi chiusi, come poi eri anche in ospedale, e credevo che stavi dormendo.
Mi sono chiesta perché. Di solito non si dorme all’asilo, e non di certo sul pavimento.
Non capivo perché ti portavano via e perché tutti erano agitati.
Non l’avevo capito neanche quando ti ho vista e ti ho cantato la ninnananna per farti dormire bene.
Solo quando mamma e papà me l’hanno detto, ho smesso di non capire.
Dopo la chiesa siamo venuti tutti al cimitero; ci sono tanti bambini con le loro mamme, ci sono i nonni e anche le tue maestre.  
Tutti piangono tranne me.
Io stringo la mano della mamma e guardo la … bara, che parola brutta. L’hanno chiusa e tu sei lì dentro, da sola e non puoi vedere niente.
Ma tanto hai gli occhi chiusi.
Alzo i miei, e guardo il cielo: coperto di nuvoloni neri come quel giorno; pioverà, dice ancora papà.
Pioverà, sì, ma non capisco come può piovere ancora se tu non sei qui.
Non voglio vedere la pioggia senza di te. Non voglio fare niente senza di te.
Voglio che il mondo si fermi in quest’istante, perché senza di te non dovrebbe andare avanti niente.
Non posso lasciarti indietro, non posso diventare grande se non lo fai anche tu insieme a me.
Voglio restare sempre piccola, per sempre. Voglio avere per sempre cinque anni, e stare ad aspettarti.
Mi rifugio nella mia mente, dove si sta formando un bel sogno: non sono più al cimitero, e non c’è più la tua … bara; non c’è più nemmeno la mamma che mi stringe la mano, né tutti gli altri.
Sono al parco, quello con le altalene.
È autunno come lo è davvero oggi, ma il cielo grigio è tornato ad essere bello.
Io sono seduta sulla panchina, gioco a dondolare le gambe, mentre guardo in su.
Le foglie cadono piano dagli alberi, ma ce n’è ancora qualcuna sui rami.
Sono bellissimi, perché sembrano intrecciati come grossi fili magici.
Il cielo è più su. Pioverà, ma non ho paura di questa pioggia.
Ho in braccio Blue Dog, lo tengo stretto perché so che stai per arrivare e devo ridartelo. È tuo.
Il vento muove piano le altalene, come se è pronto per giocarci da solo.
Anche il vento è un bambino come noi, lo sai? Nel parco giochi soffia un vento bambino, che vuole andare sullo scivolo, sul girello e sull’altalena.
E questo vento bambino mi fa compagnia mentre ti aspetto. Cantiamo insieme una canzone, mentre io guardo ancora il cielo.

È bello essere piccoli, e giocare a rincorrersi,
e bello essere piccoli, perché non è colpa nostra.

L’ha inventata lui, e ma la sta insegnando. È divertente.
Improvvisamente cominciano anche a cantare le nuvole grigie in cielo e le foglie sugli alberi e quelle che cadono: anche loro sono tutte bambine; bambine felici che vogliono giocare.

È bello essere piccoli, e giocare a rincorrersi
È bello essere piccoli, perché non è colpa nostra.

Spero che arriverai presto, Jenny, ti divertiresti anche tu qui con noi.
Una delle foglie gialle che si è staccata dal ramo mi è caduta sulle gambe, l’ho presa in mano, e mi è sembrato che mi ha sorriso per un attimo, poi il vento bambino l’ha portata via con sé.
Giocano insieme adesso.
Io guardo ancora in alto, mentre canticchio più piano.
Voglio che arrivi, perché questo cielo non è abbastanza bello se non lo guardo con te.
Le foglie ancora sugli alberi si muovono piano piano, e sembrano sussurrare la nostra ninnananna.
Penso che quando sarà notte e si vedranno le stelle io e te saremo qui insieme. Penso che ci stenderemo per terra e le guarderemo anche se qualcuna sarà nascosta dalle foglie e dai rami degli alberi.
Intanto ti aspetto. Anche Blue Dog, che è tuo, ti sta aspettando.
Poi all’improvviso sei qui. Ciao Jenny, quando sei arrivata? Da dove?
Ma tu mi guardi senza rispondermi. Sorridi e basta.
Giochiamo. Mi dici poi cominciando a ridere, poi corri e mi fai capire che devo seguirti.
Al primo momento ho un po’ paura, mi ricordo della mamma che dice che non devi correre perché il tuo cuoricino è malato, ma poi improvvisamente capisco che non succederà niente, che potrai correre per sempre, perché il tuo cuoricino è guarito, e starai bene ogni giorno, da qui in avanti.
Sono così felice che corro velocissima, ti raggiungo,e ti abbraccio forte.
Ho fatto cadere per terra Blue Dog, ma tu non ti arrabbi.
Ci abbracciamo e cominciamo a girare in tondo. Giriamo e giriamo finché non cadiamo per terra, sfinite.
Stiamo ridendo così forte che non si sente più il sussurro del vento.
Il suolo è pieno di foglie rosse e gialle, e sembra un bellissimo tappeto dove si può giocare a piedi nudi. Infatti ci togliamo subito le scarpe, e cominciamo a correrci sopra.
È così bello: queste foglie sono fresche sotto i piedi e fanno un po’ di solletico; ma solo un po’.
Blue Dog è rimasto per terra, e penso che ci guarderà giocare.
Questo parco è bellissimo, voglio restare qui per sempre, insieme a te, mentre io ho cinque e tu quattro anni.
Ti prego, Jenny, restiamo qui per sempre, non voglio andare via.
Lo penso solo per un secondo, poi riprendo a ridere e a giocare.
Ti inseguo mentre corri verso l’altalena: ti metti seduta su una delle due, e poi cominci a spingerti.
Ti ricordi quando la mamma l’ha insegnato a tutte e due, l’estate scorsa? Abbiamo imparato insieme.
Mi siedo sull’altra e mi spingo anch’io.
Possiamo andare forte quando vogliamo, Jenny, non possiamo cadere, lo sento.
Possiamo arrivare quasi a toccare il cielo coperto dalle nuvole bambine, e non ci faremo male comunque, perché questo parco non è vero, anche se somiglia a quello dove andiamo qualche volta dopo l’asilo.
Questo posto l’ho creato io per noi due, così possiamo stare ancora insieme, e possiamo restarci per sempre.
Sì, è qui che voglio restare. Per sempre. Con te.
Perché quel che c’è fuori dal parco non mi interessa più, non se non ci sei.
Vedo gli alberi e il cielo che si allontanano e si avvicinano. Si allontanano e si avvicinano.
Sto andando fortissimo, Jenny, fallo anche tu, spingiti più forte. È divertente.
Ti sento ridere, mentre il vento bambino viene a giocare tra i nostri capelli e li spinge avanti e indietro, tante volte.
Poi comincia a piovere. Anche le gocce di pioggia sono bambine che vogliono giocare con noi e, mentre ci bagnano, noi ridiamo, ridiamo, ridiamo forte e non abbiamo freddo, neanche un po’.
Siamo andate sulle altalene per ore e ore, ma poi ha cominciato a venire buio, e ci siamo fermate.
La pioggia ha smesso di cadere, e anche le nuvole bambine sono andate via: a nanna, credo.
È proprio come avevo pensato: siamo sdraiate per terra, sulle foglie, che ora sono tutte bagnate.
Tu hai preso in braccio il tuo Blue Dog, ma lo tieni solo con una mano, perché con l’altra stai stringendo la mia.
Io stringo forte ed è così bello sentire le tue dita così calde.
Ci sono tante stelle, ed il vento bambino muove ancora le foglie sui rami, ma lo fa molto piano, come per cullarle, come se così si potesse addormentare anche lui.
È ora di dormire, per tutti. Domani si avvicina. Domani si vedrà.
Ma domani noi saremo ancora qui, Jenny. Noi saremo qui per sempre.
Non voglio andarmene mai, se è solo qui che posso stare con te.
Il vento ci sta facendo tante carezze, perché vuole che dormiamo insieme a lui.
Tu all’improvviso ti giri sul fianco e ti appoggi con la testa sulla mia spalla.
Non ti vedo in faccia, ma so che hai gli occhi chiusi, so che vuoi dormire.
I tuoi capelli bagnati hanno un buon profumo e si muovono piano piano, sempre con il vento. Li sento sul viso, mi fanno un po’ di solletico alle labbra e sotto il naso, ma non mi dà fastidio.
No, è bellissimo. È tutto bellissimo in questo parco.
Voglio stare qui. Per sempre. Per sempre con te, Jenny.
Sei la mia sorellina, non ti lascerò mai. Là fuori è tutto troppo triste, non voglio restare da sola.
Rimango qui con te, questo è il sogno più bello del mondo, e non lo lascerò mai finire.
Ti abbraccio forte e tu fai lo stesso con me.
So che vuoi che ti canto la ninnananna.
Il vento bambino è pronto a farlo con me, ma più piano, perché tu è la mia voce che vuoi sentire.

Dormi, dormi, piccolina
Che domani si avvicina
Nella notte l’aria e fresca
E le stelle san di pesca
Chiudi gli occhi e vedi il mare
Che ti aiuterà a sognare
Gioca, gioca, coi delfini
Che diventan brillantini
Buonanotte, lo sarà
E domani si vedrà …

Spero che tu faccia dei sogni bellissimi questa notte e se per caso ti sveglierai ed avrai paura, basta che mi chiami ed io te la canterò di nuovo.
Perché ti proteggerò sempre e sarò sempre qui con te, sul nostro letto fatto di foglie gialle e rosse.
Qui potremo giocare per sempre, senza lasciarci mai.
E domani si vedrà …
Non so cosa succederà domani, ma non voglio risvegliarmi fuori da questo sogno.
Tienimi con te, io ti starò vicina per sempre.
Mi piace troppo sentire la tua mano calda, per poterla lasciare.
Tienimi con te, Jenny.
Qui è tutto così bello.
Guardo il cielo stellato e sorrido. Sono così felice.
Ti abbraccio ancora più forte, anche se so che stai dormendo.

Dormi, dormi, piccolina …

Ti dico di nuovo a voce bassissima, poi chiudo gli occhi.
È tutto così bello qui.
Qui con te.


Non me ne sono accorta, ma mentre la tua … bara scende sottoterra, ho cominciato a piangere.


23 febbraio 2012
*lady in blue*

2 commenti:

  1. Sono contentissima di averti fatto un regalo gradito per il tuo compleanno! Auguri in ritardo, allora!
    Come vedi sono di nuovo qui e questo significa che sono andata avanti con la lettura. In assoluto "Qui con te" è il racconto che finora mi è piaciuto di più. In genere non amo le trame drammatiche e infatti non è la trama che mi ha colpito di più. A farlo sono state le sensazioni e i pensieri della bimba di cinque anni, che fatica a capire il senso dei grandi misteri della vita e che nonostante ciò deve dare una spiegazione alla tragedia che si è appena abbattuta sulla sua vita. Il suo voler cantare la ninna nanna alla sorellina morta è davvero commovente! Dici nell'introduzione che non sai se sei riuscita a scavare bene nella mente del personaggio. Io dico di SI' (in maiuscolo e a voce alta), secondo me ci sei riuscita fantasticamente bene. La bimba (forse mi è sfuggito il nome, leggendo, o forse non l'hai scritto... non riesco a trovarlo per cui vado avanti) di cinque anni che cerca di sforzarsi di capire qualcosa che neppure un adulto riesce a spiegarsi, la morte di un bambino innocente che sembra ingiustificabile e inspiegabile è tratteggiata in modo sublime. Il suo continuo chiedersi dove sia andata Jenny, per poterla raggiungere e riprendere a giocare con lei. Lo stringere Blue Dog (suppongo sia un peluche) sperando che questo serva a far tornare Jenny a riprenderselo. E poi quelle frasi che vanno sempre a capo brevi e semplici, come sono effettivamente i pensieri di una bimba di fronte a qualcosa di più grande di lei quasi che ogni volta fatichi di più a prendere fiato, a metterli insieme. Che più la storia va verso la fine, verso l'inesorabile consapevolezza della morte e più si sussseguono a ritmo serrato. E poi il suo volersi fermare, voler fermare il mondo, il non voler crescere senza la sorellina... mi stavano uscendo le lacrime, ti dico tutto. Bellissima l'immagine del giardino che lei si costruisce, una sorta di autodifesa nel momento più triste, quello del funerale. Le foglie gialle cadute a terra, come se con l'autunno anche la natura voglia piangere di questa immensa tragedia. L'immagine che si forma nella sua mente è quasi l'addio che dà alla sorella, l'ultimo momento in cui possono giocare insieme e ritrovarsi sotto un cielo che piange di sofferenza per un legame tanto forte spezzato così presto e così bruscamente. E infatti, non appena l'immagine scompare, la bambina riesce a piangere, è come qualcosa che si spezza, la consapevolezza di una mancanza che sarà per sempre.
    Il vento bambino che canta a sussurri e insegna la canzone, che gioca con le altalene dondolandole avanti e indietro, che agita le foglie sui rami intrecciati come fili magici (come ti vengono in mente queste splendide similitudini?) e i capelli della bambina che vanno avanti e indietro con il movimento dell'altalena. E' un'immagine bellissima, l'ho proprio vista. Ora capisco perchè dici che l'autunno ti piace.
    Sto cominciando a notare la tua predilezione nei rapporti tra sorelle, soprattutto vedo che ti piace narrare di bambini e adolescenti. Anche in Gelida, seppure la protagonista era la mamma, hai lasciato molto spazio alle sensazioni di Ana. Mi pare che ci riesci bene, non vedo l'ora di andare avanti e leggere le tue altre storie!
    Yoshiko

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  2. Ciao Yoshiko, sono contentissima che tu sia andata avanti spedita a leggere un'altra storia, e lo sono ancora di più di sapere che questo raccontino ti sia piaciuto tanto ... ti dirò, non è stato facile scriverlo, perché non ero affatto certa di essere in grado di poter entrare nella testa di una bimba di cinque anni, soprattutto per descrivere le sue sensazioni riguardo la tragedia che si è abbattuta sulla sua breve vita... Questo, vuole essere una sorta di piccolo viaggio (come è piccola la protagonista) verso la consapevolezza e l'accettazione (anche se non completa) del lutto. Il parco giochi che la bimba si crea nella mente durante il funerale è un po' un compromesso, per lei. Non vorrebbe crescere senza la sorellina, non vorrebbe andare avanti, né vorrebbe che andasse avanti il mondo. Ed è così che, trovando un angolo della sua mente da dedicare a loro due sole, riesce a capire che non ha più modo di tenere Jenny con sé, non fisicamente, non nel mondo reale. Hai ragione, questa bimba, in questo racconto, un nome non ce l'ha. L'idea era proprio nata per dar voce ai pensieri di una bambina senza nome, però ... c'è un però. Questo raccontino ha un seguito, si intitola "Caduta" ed è l'ultimo che ho postato su questo blog, lo troverai se dovessi proseguire con la lettura. Mi ha gironzolato nella mente per un po' prima che sentissi che era arrivato il momento per scriverlo e, anche lì, dopo averlo cominciato, ho avuto un orribile blocco che mi ha tenuta ferma quasi un mese, prima di riuscire a concluderlo. Alla fine però ce l'ho fatta ed è qui che, finalmente, la bimba che troverai cresciuta avrà finalmente un nome. Capirai anche perché, qualche riga più in là, definivo la sua accettazione del lutto "non completa".
    Mi fa un piacere immenso sapere che, leggere questa storia, ti abbia portato davanti agli occhi le immagini che ho cercato di rappresentare. Anch'io le vedevo, durante la stesura, e sapere che per te è stato lo stesso è meraviglioso, perché vuol dire che sono riuscita nel mio intento. E anche che, ancora una volta, tu riesci a entrare nella mia testa!
    Sono anche contentissima del fatto che leggere queste parole ti abbia in qualche modo emozionata, ti giuro che avevo tanti dubbi a proposito della riuscita di questo racconto ...
    E' vero, mi capita spesso di trattare di personaggi bambini o ragazzi e, noterai, generalmente i miei protagonisti sono sempre femmine. Sarà che mi piace "scavare", e trovo che nella mente femminile ci sia da andare a fondo in tanti modi e per tanti motivi, trovando infinite sfumature legate a ogni situazione, qualunque sia l'età del personaggio. Forse lo stesso motivo mi ha spinta ad analizzare anche il rapporto tra le sorelle: anche qui c'è da andare in profondità, scoprendo ogni volta qualcosa di nuovo.
    Grazie mille per la tua recensione, ancora una volta. Come sempre, è stata splendida!

    A presto!

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