world of darkness

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sabato 15 giugno 2013

La chiave di pezza (Cap.5)

Originariamente postato sul vecchio blog l'8 dicembre 2012

Ciao!!
Sono già qui… lo so, sto diventando una disperazione, ma forse forse potrei riuscire a concludere la pubblicazione di questo racconto entro la fine del secolo :D  E pensare che ne ho anche altri già belli pronti da un po’…
Comunque, bando alle ciance: proprio perché si tratta di un semplice racconto e non di qualcosa di più lungo, ci stiamo avvicinando alla conclusione, diciamo che la condizione di sintesi è stata voluta proprio per non dare a questo scritto una connotazione che non gli confacesse…insomma, se doveva essere un racconto, non poteva essere lungo 100 pagine…direi che una trentina in tutto bastano e avanzano :D
Dove eravamo rimasti? Leyla e Jamie sono riuscite a essere introdotte in centrale e a scartabellare i vari documenti grazie all’intercessione di Josh (per il quale Leyla sta già partendo per la tangente), dove è stato trovato questo fascicolo su un tale Paul Gallant, un uomo arrestato da poco perché trovato con il cadavere di una bambina in braccio; dalle indagini è poi stato appurato che questi trafficava bambini per le adozioni illegali. Dato che Josh sta seguendo questo caso, Jamie e Leyla hanno la possibilità di incontrare il sospettato … il capitolo in questione è dedicato proprio a quest’incontro.
Non so quanto ci sia di plausibile in tutto ciò (l’incontro con un detenuto da parte di un’ex agente del posto insieme a una ragazza che non ha niente a che vedere con le indagini), ma diciamo pure che la cosa mi serviva per portare avanti la trama, quindi, eventualmente, me la si faccia passare :D
Ora davvero la smetto di parlare a vanvera e posto il quinto capitolo di questo racconto che, essendo stato scritto in estate, credo meriti di essere pubblicato per intero su questo blog il prima possibile :)
 

LA CHIAVE DI PEZZA

 

V

PAUL GALLANT

Leyla si stava convincendo che il sangue che aveva visto più volte nei suoi sogni su Hillary fosse in realtà la trasposizione in immagini della sua paura che le fosse stato fatto del male. O si trattava di quello, oppure quel sangue doveva essere stato solo un simbolo, forse stava a significare soltanto che la bimba, con quell’uomo, aveva avuto paura.
Ci aveva pensato dopo aver nuovamente sognato di lei, e continuò a rifletterci per tutto il resto della giornata: forse Hillary era ancora viva da qualche parte, piano piano si stava abituando all’idea, per quanto ne fosse atterrita, e fremeva per l’impazienza di incontrare finalmente Paul Gallant faccia a faccia. Perché forse lui avrebbe saputo rivelare qualcosa, avrebbe saputo di più.
Esisteva davvero qualche possibilità che Hillary fosse finita tra le sue grinfie; ma i suoi erano artigli arrotondati, che facevano paura, ma che non potevano ferire a fondo, anche se questo non era valso per la piccola Holly Fisher.
Forse però con Hillary era andato tutto bene; forse lei non si era ribellata e il suo sequestratore non le aveva fatto del male.
In questo modo poteva essere finita tra le mani di una nuova famiglia, che forse le aveva anche voluto bene, rendendola un’estranea ai suoi occhi. Ma questo non le importava, non più di tanto, anche se il solo pensiero era spaventoso. Perché forse avrebbe lasciato Hillary tranquilla a vivere la sua vita, qualunque essa fosse, anche lontana da lei, ma sarebbe stata comunque felice di averla ritrovata, di sapere che anche se non la riconosceva, la sua gemella stava continuando a vivere.
Forse in quel caso si sarebbe accontentata soltanto di vederla da lontano, anche se nemmeno lei stessa credeva a una fandonia simile: perché Leyla si era convinta che i sogni relativi a Hillary altro non fossero che richiami e quindi, in qualche modo, se sua sorella era ancora viva, doveva sapere della sua esistenza.
Eppure Leyla aveva già un’altra sorella; una sorella che la stava aspettando a casa.
In ogni caso non voleva andarsene da Bonnyrigg finché non avesse fatto luce su quella faccenda; e poi c’era Josh e, inutile negarlo, lui infestava di continuo i suoi pensieri, anche quando Leyla cercava di scacciare la sua immagine dalla mente.
E sentì un improvviso impulso di abbracciarlo quando, la sera del quattro gennaio, l’uomo informò lei e Jamie di avere ottenuto il permesso di far prendere parte a entrambe a un interrogatorio di Paul Gallant. Ovviamente si raccomandò con Leyla affinché questa si limitasse soltanto ad ascoltare e lasciasse che fosse Jamie a rivolgersi all’uomo.
Ancora una volta Josh avrebbe aspettato fuori perché, sostenne, non voleva intromettersi in questioni che non lo riguardavano. Affermò con calma e delicatezza che desiderava soltanto aiutarle rispettando la loro privacy; e Leyla lo amò ancora di più per quelle sue parole. Ovviamente la ragazza dovette trattenersi dal suo desiderio di stringerlo forte.
E l’incontro in centrale con Paul Gallant avvenne il giorno cinque, nel tardo pomeriggio.
Quella notte Leyla non era riuscita a dormire per l’agitazione, impedendosi così di tornare a sognare di Hillary. Eppure l’avrebbe voluto, perché forse avrebbe potuto conoscere qualche particolare in più; in quel modo non le restava che accontentarsi di ciò che già conosceva: la porta rossa, la chiave di pezza, il sole-luna blu di legno o terracotta, il sangue.
Già, quel sangue. Quello che forse era soltanto un simbolo o una sua suggestione negativa.
Comunque fosse, stava di fatto che aveva bisogno di saperne di più.
L’ansia si era accresciuta con il progredire della giornata, tanto che sia a colazione che a pranzo aveva fatto una tremenda fatica a ingurgitare il suo cibo; si era sforzata di inghiottire soltanto perché non voleva rischiare di essere vittima di un mancamento proprio nel momento decisivo.
Certo, un imprevisto del genere sarebbe stato quasi grottesco nella sua assurdità, però l’avrebbe irritata a morte. Così qualcosa aveva mangiato nonostante la mancanza d’appetito.
Infine, finalmente, l’ora prestabilita giunse.
Josh aveva fatto strada con la sua macchina alle altre due che lo seguivano con quella di Jamie a poca distanza. Era stata la donna (provocando una punta di stizza e fastidio in Leyla), a preferire che si avviassero separati al luogo dell’incontro: in auto voleva poter godere della riservatezza necessaria per parlare con la ragazza in santa pace, sia all’andata che al ritorno.
Soprattutto per quest’ultimo a dire il vero; perché forse, se qualche segreto fosse stato svelato, avrebbero avuto molto su cui discutere, come per esempio quale sarebbe stata la mossa successiva.
Anche perché, Leyla lo ricordava bene, dopo quel giorno ne aveva a disposizione soltanto altri due prima di essere costretta a tornare a casa per via della ripresa delle lezioni.
Lo ricordava perfettamente, ma non ci voleva pensare.
Aveva lo stomaco in subbuglio e il cuore a mille nel petto quando varcò la porta che poi le sarebbe stata richiusa a chiave alle spalle, che introduceva nello stanzino dell’interrogatorio.
C’era solo una piccola lampada da tavolo a illuminare l’ambiente e quell’artificiale fuoco arancione si rifletteva sul volto cupo dell’uomo ammanettato seduto a un lato della superficie di legno, e su di esso faceva nascere un’ombra spaventosa.
Tutto sembrava più oscuro di quanto fosse in quella stanza; in particolare l’espressione persa ma truce di Paul Gallant.
Come promesso, Josh era rimasto fuori dalla sala; sapeva che era meglio mantenere il silenzio sulla faccenda finché non fosse venuto a galla qualcosa di significativo, ma Leyla, o meglio la consueta e impertinente parte di lei più impudente, l’avrebbe voluto disperatamente accanto a sé. Perché permettersi di osservarlo e ricercare sicurezza nei suoi occhi l’avrebbe fatta sentire più a suo agio, più sollevata, meno terrorizzata.
Ma Josh era fuori, e Leyla doveva accontentarsi di Jamie. E doveva ricordare che a lei non era permesso rivolgere domande al carcerato.
Avrebbe soltanto osservato; e ascoltato.
Si sedette con Jamie di fronte all’uomo: barba incolta, capelli scarmigliati e sporchi, occhiaie, faccia scura. Le aveva fatto subito venire i brividi. Si era immaginata per un momento la sua sorellina, a cinque anni, in balia di quell’individuo orrendo e in quello stesso istante sperimentò la sua ipotetica paura. Si chiese anche perché aveva preso proprio Hillary e non lei.
<<Paul Gallant, sono l’agente Jamie Fullmoon di Edimburgo, sono qui per rivolgerle alcune domande riguardo a un vecchio caso irrisolto svoltosi proprio qui a Bonnyrigg, undici anni fa, nel quale, ho ragione di credere, sia implicato proprio lei>>, iniziò la donna decisa, lanciando alla ragazza un’occhiata rassicurante.
Leyla la incassò e apprezzò, ma avrebbe preferito riceverla da Josh; le avrebbe fatto certamente più effetto.
L’uomo che indossava la divisa carceraria alzò gli occhi vitrei ma cattivi su Jamie e la guardò intensamente per alcuni secondi. Anche se a Leyla diede più l’idea che non la osservasse realmente, ma le vedesse attraverso, come a una lastra di vetro.
<<E mandano qui la polizia di Edimburgo per un caso così vecchio?>>
<<Sono qui in vesti non ufficiali, e comunque questi sono affari che non la riguardano>>, Jamie sosteneva fiera il suo sguardo; Leyla era certa che non avrebbe mai saputo fare altrettanto.
Leyla teneva gli occhi bassi e li alzava solo fugacemente, con timore; improvvisamente le era parso di essere tornata ad avere cinque anni. Era come se avesse preso il posto di Hillary quel giorno lontano. Le arrivava alle narici il suo odore sgradevole, quell’olezzo che sapeva di paura.
Paul Gallant ripose alla tenacia di Jamie con un grugnito, forse di disapprovazione.
<<Lei veda soltanto di collaborare>>, aggiunse pacata mentre estraeva dal fascicolo che aveva con sé la fotografia di Hillary. Quell’immagine che subito causò un tuffo al cuore a Leyla; soprattutto perché, non appena l’uomo osservò i lineamenti della bimba della foto, posò subito lo sguardo su di lei.
<<È lei?>>, domandò con voce gutturale facendo cenno a Leyla con il capo; la ragazza sussultò e per poco non si ritrovò a sobbalzare sulla sedia, o peggio ancora, ad alzarsi di scatto e a chiedere a uno degli agenti di sicurezza di aprirle la porta per lasciare la stanza. Non lo fece soltanto perché voleva sapere e perché Jamie fu subito pronta ad attrarre nuovamente l’attenzione dell’uomo.
Quanto avrebbe voluto però poter uscire e gettarsi tra le braccia di Josh. Quelle braccia forti che dovevano essere come il paradiso.
<<Punto primo: qui le domande le faccio io, signor Gallant. Punto secondo: le ho già fatto notare che si tratta di un caso di sparizione irrisolto, quindi se quella foto raffigurasse la mia accompagnatrice non sarei certamente qui>>, esclamò la donna con freddezza.
Leyla sentiva il battito del suo cuore fin nelle orecchie e credeva che da un momento all’altro avrebbe smesso di respirare. Però voleva sapere; doveva sapere.
<<La guardi bene>>, riprese quindi Jamie; l’uomo le obbedì e tornò a osservare la foto, <<ha mai visto quella bambina? Stiamo parlando di undici anni fa, quindi del 2001, si sprema bene le meningi>>.
Paul Gallant mantenne gli occhi fissi sulla foto per più di un minuto, poi tornò a spostarli su Jamie. Dal suo angolo mentale che le fungeva da nascondiglio, Leyla notò che lo sguardo di lui sembrava più rilassato.
<<Mai vista, no>>
<<Sicuro? Ci pensi bene>>
<<Una bimba così bella me la ricorderei>>, affermò e, detto questo, lanciò uno sguardo allusivo nei confronti di Leyla; il cuore di Leyla saltò un battito.
Mentiva, si disse. Mentiva. L’aveva vista, l’aveva tenuta con sé e la ricordava benissimo.
Però forse il sangue c’era stato davvero; perché Hillary era una bella bambina e forse il mostro non aveva resistito. Forse lo faceva con le vittime dalle quali era attratto.
Forse era avvenuto lo stesso con Holly Fisher, per questo poi aveva dovuto ammazzarla. Non ricordava di aver letto informazioni inerenti alla violenza carnale nel fascicolo del caso, ma pensava che forse non ricordava bene. Avrebbe ricontrollato quando fosse tornata a casa di Josh. Il suo adorato Josh che si trovava fuori da quella porta.
<<D’accordo. Allora mi sa dire dove si trovava il tredici febbraio di quell’anno? Visto che ha una così eccellente memoria da ricordare con tanta sicurezza chi ha visto o chi no, si concentri e risponda a questa domanda>>, Jamie non opponeva resistenza alle parole dell’uomo, ma aveva intenzione di andare fino in fondo.
<<il tredici febbraio del 2001?>>
<<Esatto>>
<<Allora vediamo … il tredici … il tredici febbraio … 2001>>.
Leyla ebbe l’impressione che stesse cercando di prendere tempo.
<<Risponda sinceramente. Con tutti i dati che sono stati raccolti sul suo conto non ci vorrà molto per venirlo a sapere di nostro>>, lo incitò Jamie.
<<Sì … sì, mi pare che fossi qui a Bonnyrigg, anche se non sono sicuro che fosse proprio il tredici e non il quattordici. Vi consiglierei di andare a controllare>> e detto questo Paul Gallant sfoggiò un disgustoso sorrisino ironico e sprezzante.
<<C’è poco da fare dello spirito>>, riprese l’agente, <<se si trovava qui a Bonnyrigg, è un motivo in più per crederla coinvolto in questa scomparsa>>. Lo sguardo di lui si fece torvo, <<ho detto che non ricordo se era il tredici o il quattordici>>, sbottò e la sua voce suonò talmente inquietante che gli agenti di sicurezza alla porta scattarono in avanti.
Jamie fece loro segno di desistere e lasciarla proseguire.
<<Va bene, allora mi sa dire che cosa ha fatto questo famoso giorno tredici o quattordici?>>, domandò risoluta e per nulla intimorita. Al contrario Leyla si era presa un grosso spavento. Dentro di lei però cominciava a serpeggiare anche un altro sentimento oltre alla paura: la convinzione sempre più radicata che quell’uomo avesse a che fare con la sparizione di Hillary, che ricordasse tutto e stesse fingendo. Da qui scaturiva anche l’odio verso quest’ultimo.
Furtivamente aveva iniziato a farsi coraggio e ad alzare lo sguardo su di lui e stava cercando di leggergli dentro.
<<Ero in affari con un tizio: un inglese, che mi pare si chiamasse Potter. Mi ricordo che avevo preso con me un marmocchietto di due anni da quattro o cinque giorni e dovevamo incontrarci perché dovevo consegnarglielo>>, affermò sicuro.
Mente. Pensò Leyla con furore. Mente quel bastardo.
<<E com’è che doveva incontrare un inglese proprio a Bonnyrigg?>>
<<Perché questo è un posto tranquillo e facile in cui operare, cara signora agente. Non si passano tanti anni in questo campo senza imparare quali sono i luoghi più sicuri per fare lo scambio tra merce e dindini>>, Paul Gallant sembrava ormai aver intrapreso la piacevole strada della canzonatura.
<<A quanto pare però è stato proprio questo posto tranquillo a tradirla, o mi sbaglio?>>
<<Purtroppo gli imprevisti capitano>>
<<Già, vada a parlare di imprevisti ai genitori di quella bambina>>.
L’uomo tacque e fermò le pupille su Jamie per diversi istanti. Leyla fu certa che la guardasse divertito, ma anche con un po’ di desiderio celato negli occhi. Probabilmente non avrebbe esitato ad approfittare di lei se ne avesse avuto l’opportunità.
<<Sono qui per pagare per quello che ho fatto>>, riprese infine, <<ma non ho preso quella bambina, né l’ho mai vista in vita mia, ho solo notato che somiglia alla biondina qua, per questo chiedevo se fosse lei>>.
Leyla a quel punto non ci vide più e si alzò in piedi di scatto, mandando al diavolo la sua parola di non fare niente e non aprire bocca. Il suo sguardo era furente e stringeva i pugni per la collera.
<<Sì che l’hai presa tu, bastardo e te la ricordi anche bene>>, strillò.
Nel frattempo anche Jamie si era alzata dalla sedia e l’aveva presa per le spalle, cercando di calmarla e invitarla a ricomporsi.
<<Te la sei anche fatta, vero? Anche se aveva solo cinque anni. E poi l’hai uccisa? Sì, forse sì, maledetto>> e subito si fiondò in avanti, verso il tavolo. <<Cosa hai fatto alla mia sorellina, bastardo? Dimmi cosa le hai fatto!>>, urlò mentre le salivano le lacrime agli occhi.
Paul Gallant ebbe giusto il tempo di esclamare <<è agitata la biondina!>>, che Jamie, spronandola a tacere, la stava conducendo fuori dalla stanza dell’interrogatorio.

Durante il viaggio di ritorno lei e Jamie avevano litigato. L’auto di Josh le precedeva di poco e la ragazza avrebbe preferito trovarsi sul sedile del passeggero accanto a lui, piuttosto che all’amica che in quel momento considerava una traditrice.
L’aveva accusata tra le lacrime di non aver fatto abbastanza, di aver dato troppo credito alle parole di Gallant. Perché lei sapeva che era colpevole, che mentiva, ma non aveva potuto provarlo; Jamie non era stata in grado di portare alla luce tutto ciò.
Dal canto suo, Jamie l’aveva rimproverata per non essere stata buona e in silenzio come aveva promesso di fare; le aveva anche dato della stupida, perché a causa del suo comportamento non le avrebbero certamente più fatte avvicinare al detenuto.
Leyla aveva contrattaccato dicendo che non le interessava vedere di nuovo quel delinquente bastardo, ma che voleva andare a casa sua, quella con la porta rossa sul retro (c’era la porta rossa, esisteva forse una prova più lampante?) perché voleva vedere se alla parete era affisso il sole-luna del suo sogno. Se l’avesse trovato avrebbe avuto la certezza di avere ragione riguardo al sequestratore di bambini.
Jamie però l’aveva disillusa subito, facendole notare che non poteva certamente immettersi in un luogo in cui si stavano svolgendo delle indagini; non le sarebbe mai stato premesso di entrare in una casa transennata, come le saltava in mente?
Leyla aveva risposto che per essere un’amica, Jamie non la stava aiutando affatto, anzi, non faceva altro che intralciare i suoi piani. Ripeté un’altra volta di voler accedere a ogni costo all’abitazione di Gallant, e di nuovo l’altra le aveva risposto con un no secco, rinfacciandole anche il fatto che forse avrebbero potuto fare di più se si fosse risparmiata la scenata di poco prima in centrale.
Da quel momento in avanti Leyla non le parlò più e non appena giunsero a casa di Josh non fece altro che correre nella stanza che le era stata assegnata e gettarsi a piangere sul letto.
Si rendeva conto che quel viaggio non l’aveva e non l’avrebbe portata a niente, lasciandola più disperata di prima. Perché se le cose dovevano andare così, se doveva convivere con la certezza di quello che era accaduto a Hillary, senza però avere la possibilità di dimostrarlo, allora avrebbe preferito continuare a non ricordare niente, a credere che Hillary non fosse mai esistita.
Sarebbe stato molto meglio.
Mentre sfogava nel pianto tutta la sua frustrazione aveva stretto a sé il topolino di pezza della sua sorellina scomparsa, quasi invocasse un nuovo segno, una svolta che imponesse a quel vicolo cieco una nuova prospettiva. Perché non riusciva ad accettare di essere andata fino lì per niente.
Le sarebbe bastato poter entrare a casa di Paul Gallant. Al diavolo le indagini in atto, lei non avrebbe toccato nemmeno un soprammobile; voleva soltanto guardare le pareti, vedere se c’era il sole-luna blu. Possibile che Jamie non capisse quanto per lei fosse importante?
Le sarebbe bastato trovare quel dettaglio e il quadro sarebbe stato completo; avrebbe avuto così la certezza che Hillary fosse stata tenuta prigioniera in quella casa e di sicuro, in quel modo, avrebbe trovato una soluzione che spingesse quell’uomo a confessare.
Se invece non l’avesse trovato (e Leyla dubitava che sarebbe accaduto), si sarebbe messa il cuore in pace, riconoscendo l’innocenza di Paul Gallant, e rendendosi conto che non c’era speranza di scoprire la sorte di sua sorella dopo tutti quegli anni e in così breve tempo.
Eppure doveva trovare qualcosa, perché lei finalmente aveva la chiave. La chiave bianca. La chiave di pezza. Le restava soltanto da aprire la porta rossa.
Fu più tardi, oltre un’ora dopo che non volle scendere per consumare la cena, che sentì bussare alla porta. Credendo che fosse Jamie si voltò su un fianco infastidita e non rispose.
L’uscio si aprì ugualmente.
<<Si può?>>, fece dolcemente quella voce che subito la fece sussultare. Si mise a sedere frastornata mentre il cuore le batteva nel petto come una furia impazzita.
Josh, con stampato in viso il suo sorriso tenebroso, si stava avvicinando al letto.
Il cuore le saltò in gola quando si sedette sul materasso e la guardò negli occhi; quegli occhi arrossati per il pianto che la ragazza avrebbe preferito che lui non vedesse.
<<Leyla, non voglio vederti soffrire>>, le disse accennando sul suo viso una delicata carezza. Leyla si sentì completamente invasa dai brividi. Era ancora abbattuta, ma avendolo così vicino si stava già sentendo meglio. Se solo avesse potuto restargli accanto anziché tornare a casa.
Non poteva pensare che mancassero solo due giorni.
Gli sorrise debolmente, <<non ti preoccupare>>, rispose poi con un filo di voce.
<<So che è successo un mezzo pasticcio alla centrale prima, anche se non ho capito bene cosa sia accaduto, visto che non so a quale caso tu sia legata>>, fece una breve pausa, <<non ti va di parlarmene?>>.
Le sarebbe andato eccome, perché avrebbe voluto condividere tutto con lui, però sapeva che non era il caso, così si limitò a scuotere la testa.
<<Voglio solo poter andare a casa di quell’uomo>>, iniziò di nuovo sul punto di piangere, <<dovrei soltanto vedere una cosa, devo solo guardare le pareti>>, e detto questo strinse forte il pupazzo di Hillary.
<<È importante per te? Molto?>>
<<Sì, più di qualunque altra cosa>> e Leyla lo guardò intensamente negli occhi, perdendosi nelle sue iridi nere come la notte. Una notte splendida.
<<Hai detto che devi solo guardare una cosa? Non toccheresti niente?>>
<<No, devo solo guardare le pareti>>, ripeté. Lui la guardava stranito.
<<Penso ci sia appeso un oggetto, voglio vedere se ho ragione>>, spiegò. Josh non sembrò capire, ma le sorrise lo stesso. Quel sorriso che riusciva a farla sentire bene.
Avrebbe soltanto voluto che restasse con lei in quella stanza per tutta la notte, o meglio ancora per sempre. Sì, perché no? Disse di nuovo la vocina impudente. Farlo quella notte con lui non sarebbe stato male, anche perché lei non voleva nessun altro.
<<Io sto seguendo questo caso, lo sai, e domani devo trovarmi in casa di Gallant per proseguire le indagini>>, iniziò con calma, <<se vuoi puoi venire con me e guardare le pareti come desideri. Però devi promettermi che non toccherai assolutamente niente, nemmeno l’oggetto più insignificante>>.
Leyla non poté credere alle sue orecchie. In un impulso dettato dalla gioia si lanciò verso di lui e lo abbracciò forte, <<non toccherò niente di niente, te lo giuro, te lo giuro! Portami lì, ti prego!>>, esclamò tra le lacrime. L’uomo la rassicurò.
Lei lo ringraziò una, dieci, cento, mille volte e probabilmente l’avrebbe fatto in eterno se Josh non l’avesse allontanata da sé e, dopo averle sorriso di nuovo, non le avesse augurato la buonanotte.
A Leyla si strinse il cuore nel vederlo uscire dalla stanza, ma la gioia che provava all’idea dell’iniziativa di Josh era tanto enorme da renderla comunque felice.
Era certa che l’indomani avrebbe trovato il sole-luna del suo sogno appeso alla parete. Era certa che avrebbe fatto luce su tutta quella faccenda.
Sapeva, per altro, che da quella sera amava Josh ancora di più.

FINE CAPITOLO QUINTO

*lady in blue*

PS: Il sesto capitolo con l’epilogo spero di pubblicarlo già la prossima settimana, sempre nella speranza di trovare un angolino di tempo, dato che per miracolo divino avrei trovato lavoro (per questo ha nevicato :D ) e sta settimana che viene devo fare un corso in proposito, prima di iniziare definitivamente.
Speriamo in bene per entrambe le cose :D

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