Sinceramente ho faticato a credere che Il principe della nebbia fosse stato scritto dallo stesso autore di Marina e L'ombra del vento, ma a quanto pare le idee post-pesanti botte in testa capitano a tutti, eh eh; e la cosa grave è che questo libro è persino peggio di Joyland: è addirittura più inconsistente, più banale e più squallido. L'ho inserito nella categoria HAUNTED perché vuol essere una storia di pseudo-mistero (MOOOLTO "PSEUDO"), dove si avverte, con un po' di fantasia, qualche strascico di ossessione e infestazione. Ma, onestamente, questo testo lascia molto a desiderare.
Meno male che, in altre circostanze, l'autore ha dimostrato di che il suo stile e la sua fantasia vanno ben oltre quest'accozzaglia di ... posso dirlo in modo fine? Minchiate.
Beh, non mi resta che augurarvi buon divertimento, nonché buon suicidio nel caso decidiate di leggere il libro in questione. Per la serie Io avevo avvertito. :D E perdonate la mia atroce cattiveria in proposito.
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IL PRINCIPE DELLA NEBBIA
Di Carlos Ruiz Zafón
Diciamo così, l'idea non era male, ma il suo sviluppo lascia parecchio a desiderare. Troppo breve, troppo approssimativo e per nulla interessante. Non credo che il problema risieda nel fatto che questo, in realtà, sia un libro per ragazzi (anche se avrei optato per una scelta differente, se avessi letto l'introduzione scritta dall'autore al posto della trama, e quindi l'avessi saputo prima), d'altro canto anche Marina lo è, eppure l'avevo trovato molto bello. Questo invece no, e fin dalla prima riga, ma è difficile che io non finisca di leggere un libro (salvo eccezioni) così ho continuato, anche perché era molto corto. Mi è parso tutto troppo abbozzato, vuoto. Insomma, un libro che, a me personalmente, non ha lasciato niente di niente.
Tanto per cominciare ci si ritrova a domandarsi: dove cavolo inizia questa vicenda? Mistero. Si sa solo che un certo Maximilian Carver, orologiaio, nel 1943, decide di trasferirsi con la sua famiglia a causa della guerra. E dove cavolo si trasferisce la famiglia Carver? Altro mistero.
Sulla costa, ma per il resto, chi lo sa.
Il noiosissimo protagonista di questa vicenda è il figlio di Carver, Max (pure lui?), ragazzino tredicenne che si rivelerà pieno di coraggio come ogni buon personaggio scontato che si rispetti. Insieme a lui e al padre, a trasferirsi non si sa bene dove, da dove, sono la madre Andrea e le sorelle Alicia e Irina, rispettivamente la maggiore e la minore di Max.
Arrivati non si sa bene dove il nostro protagonista noioso si accorge che l'orologio della stazione va al contrario, mentre la sorellina Irina trova un gatto (l'unico personaggio interessante della storia, fino a quando non scompare completamente) che le salta praticamente in braccio, come se li avesse aspettati, e convince i genitori a lasciarglielo tenere.
L'altra sorella, Alicia, è di un'antipatia forse maggiore di quella del fratello. Punto primo, sembra non apprezzare l'idea del gatto, e sarà difficile che qualcuno che odi i gatti possa incontrare la mia simpatia, e poi dà l'idea di essere troppo lagnosa. Anche se alla fine dovrà avere anche lei qualcosa dell'eroina, non sia mai. Secondo me, più che essere un mistero, come è definita dal fratello, risulta un personaggio troppo piatto, nascosto sotto una finta profondità interiore. Insomma: io, sotto questi personaggi, non ci ho visto proprio niente.
Comunque sia, l'antipatico Max prima scopre un giardino pieno di statue inquietanti al cui centro si trova un cavolo di pagliaccio, mentre suo padre trova, con sua enorme felicità, dei filmini registrati su vecchi nastri e, convinto si tratti di film veri e propri (solo lui poteva convincersene, perché che non si trattasse di quello era palese) li mostra alla famiglia. Ma resterà deluso, perché sono solo delle riprese amatoriali e, uno di questi, mostra qualcuno che cammina, udite udite, nel giardino delle statue inquietanti.
Nel frattempo si viene a sapere qualcosa a proposito dei vecchi proprietari della casa: il dottor Fleischmann e la moglie, i quali, trascorsi anni senza avere figli, riescono finalmente nell'intento dando alla luce un bambino, che poi sarebbe morto annegato. Dei genitori non si sa più nulla.
Il noiosissimo Max, personaggio della serie io sono speciale, fa amicizia con un ragazzo del posto più grande di lui, Roland, che lo invita a fare immersioni con lui per vedere i resti dell'Orpheus, la nave che affondò tanto tempo prima durante una notte di tempesta, e dal quale si salvò un solo uomo: Victor Kray, il guardiano del faro, e nonno acquisito di Roland. Perché di Roland sappiamo che i suoi genitori sono morti quando era molto piccolo e, dato che questi avevano offerto il loro aiuto al superstite dell'Orpheus, il vecchio si era infine preso cura del bambino.
Alla gitarella, ovviamente, si accoda anche Alicia e, manco a dirlo, tra lei e l'amico del fratello scatterà subito la scintilla d'ammòore ammòre ammòre. Meno male che viene propinata una sola scena di sbaciucchiamento e possiamo evitarci l'andare troppo per le lunghe della cosa.
Ma al divertente pomeriggio di immersioni non va tutto come previsto. C'è quello strano essere fatto d'acqua, che tenta di prendere Roland.
A casa Carver, nel frattempo, la piccola Irina è vittima di un incidente causato da una caduta dalle scale, avvenuta per lo spavento nei confronti di ciò che ... si nascondeva nel suo armadio.
Ma questo è solo un modo per togliere di mezzi l'orologiaio e consorte, che se ne vanno allegramente all'ospedale ad assistere la bambina entrata in coma, e resteranno lì per giorni.
Saputo dell'incidente di Irina, e dopo aver appreso che il pagliaccio del giardino delle statue era stato visto in sogno sia da Roland che da Alicia, i tre deficien...ehm, moschett...ehm, eroi, decidono di andare a fare quattro chiacchiere con il guardiano del faro, e farsi raccontare la storia dell'Orpheus, visto che il simbolo (stella a sei punte) della nave notato da Max durante l'immersione, non era presente solo lì.
E così, il vecchiaccio, anche lui molto eroico e molto speciale racconta la sua storia, che vede come protagonista un certo Cain, detto anche il Principe della Nebbia, perché lo si vedeva apparire sempre proprio dalla nebbia. Cain sarebbe un mago, capace di rendere realtà ogni desiderio che gli si esprima, ma gli si deve sempre presentare un tornaconto, e non è mai nulla di carino.
Pare che il dottor Fleischmann, precedente proprietario della villa dove ora abita la famiglia Carver, e vecchio amico di Victor Kray, gli avesse promesso qualcosa di molto importante, in cambio dell'amore della donna che desiderava.
Cain si trovava sull'Orpheus quando questo affondò, insieme ai suoi scagnozzi, tutti vestiti come personaggi circensi. E, udite udite, Cain era vestito proprio da pagliaccio. Il guardiano del faro si era imbarcato clandestinamente sulla nave, proprio per tentare di fermare Cain ma, fino a quel momento, sembrava che ci avesse pensato il mare.
Solo che qualcosa sta cambiando, e forse il mago sta per tornare, per prendersi quello che è certo gli spetti di diritto: l'altra parte del patto.
Il finale, come sempre, lo lascio a chi decidesse di dedicarsi a questa lettura, anche se io non la consiglio proprio.
Non ho niente in più da dire, proprio perché questo libro non mi ha dato niente di più. Niente di speciale, anzi, direi che l'ho trovato piuttosto "artificioso", ben poco naturale, idealizzato e scontato.
Questo sarebbe stato il primo libro pubblicato dall'autore, anche se per motivi legali è stato diffuso all'estero soltanto da poco. Comunque sia, direi che (come ho potuto constatare con i miei occhi) Zafón può fare di meglio.
Molto, molto di meglio.
Diciamo così, l'idea non era male, ma il suo sviluppo lascia parecchio a desiderare. Troppo breve, troppo approssimativo e per nulla interessante. Non credo che il problema risieda nel fatto che questo, in realtà, sia un libro per ragazzi (anche se avrei optato per una scelta differente, se avessi letto l'introduzione scritta dall'autore al posto della trama, e quindi l'avessi saputo prima), d'altro canto anche Marina lo è, eppure l'avevo trovato molto bello. Questo invece no, e fin dalla prima riga, ma è difficile che io non finisca di leggere un libro (salvo eccezioni) così ho continuato, anche perché era molto corto. Mi è parso tutto troppo abbozzato, vuoto. Insomma, un libro che, a me personalmente, non ha lasciato niente di niente.
Tanto per cominciare ci si ritrova a domandarsi: dove cavolo inizia questa vicenda? Mistero. Si sa solo che un certo Maximilian Carver, orologiaio, nel 1943, decide di trasferirsi con la sua famiglia a causa della guerra. E dove cavolo si trasferisce la famiglia Carver? Altro mistero.
Sulla costa, ma per il resto, chi lo sa.
Il noiosissimo protagonista di questa vicenda è il figlio di Carver, Max (pure lui?), ragazzino tredicenne che si rivelerà pieno di coraggio come ogni buon personaggio scontato che si rispetti. Insieme a lui e al padre, a trasferirsi non si sa bene dove, da dove, sono la madre Andrea e le sorelle Alicia e Irina, rispettivamente la maggiore e la minore di Max.
Arrivati non si sa bene dove il nostro protagonista noioso si accorge che l'orologio della stazione va al contrario, mentre la sorellina Irina trova un gatto (l'unico personaggio interessante della storia, fino a quando non scompare completamente) che le salta praticamente in braccio, come se li avesse aspettati, e convince i genitori a lasciarglielo tenere.
L'altra sorella, Alicia, è di un'antipatia forse maggiore di quella del fratello. Punto primo, sembra non apprezzare l'idea del gatto, e sarà difficile che qualcuno che odi i gatti possa incontrare la mia simpatia, e poi dà l'idea di essere troppo lagnosa. Anche se alla fine dovrà avere anche lei qualcosa dell'eroina, non sia mai. Secondo me, più che essere un mistero, come è definita dal fratello, risulta un personaggio troppo piatto, nascosto sotto una finta profondità interiore. Insomma: io, sotto questi personaggi, non ci ho visto proprio niente.
Comunque sia, l'antipatico Max prima scopre un giardino pieno di statue inquietanti al cui centro si trova un cavolo di pagliaccio, mentre suo padre trova, con sua enorme felicità, dei filmini registrati su vecchi nastri e, convinto si tratti di film veri e propri (solo lui poteva convincersene, perché che non si trattasse di quello era palese) li mostra alla famiglia. Ma resterà deluso, perché sono solo delle riprese amatoriali e, uno di questi, mostra qualcuno che cammina, udite udite, nel giardino delle statue inquietanti.
Nel frattempo si viene a sapere qualcosa a proposito dei vecchi proprietari della casa: il dottor Fleischmann e la moglie, i quali, trascorsi anni senza avere figli, riescono finalmente nell'intento dando alla luce un bambino, che poi sarebbe morto annegato. Dei genitori non si sa più nulla.
Il noiosissimo Max, personaggio della serie io sono speciale, fa amicizia con un ragazzo del posto più grande di lui, Roland, che lo invita a fare immersioni con lui per vedere i resti dell'Orpheus, la nave che affondò tanto tempo prima durante una notte di tempesta, e dal quale si salvò un solo uomo: Victor Kray, il guardiano del faro, e nonno acquisito di Roland. Perché di Roland sappiamo che i suoi genitori sono morti quando era molto piccolo e, dato che questi avevano offerto il loro aiuto al superstite dell'Orpheus, il vecchio si era infine preso cura del bambino.
Alla gitarella, ovviamente, si accoda anche Alicia e, manco a dirlo, tra lei e l'amico del fratello scatterà subito la scintilla d'ammòore ammòre ammòre. Meno male che viene propinata una sola scena di sbaciucchiamento e possiamo evitarci l'andare troppo per le lunghe della cosa.
Ma al divertente pomeriggio di immersioni non va tutto come previsto. C'è quello strano essere fatto d'acqua, che tenta di prendere Roland.
A casa Carver, nel frattempo, la piccola Irina è vittima di un incidente causato da una caduta dalle scale, avvenuta per lo spavento nei confronti di ciò che ... si nascondeva nel suo armadio.
Ma questo è solo un modo per togliere di mezzi l'orologiaio e consorte, che se ne vanno allegramente all'ospedale ad assistere la bambina entrata in coma, e resteranno lì per giorni.
Saputo dell'incidente di Irina, e dopo aver appreso che il pagliaccio del giardino delle statue era stato visto in sogno sia da Roland che da Alicia, i tre deficien...ehm, moschett...ehm, eroi, decidono di andare a fare quattro chiacchiere con il guardiano del faro, e farsi raccontare la storia dell'Orpheus, visto che il simbolo (stella a sei punte) della nave notato da Max durante l'immersione, non era presente solo lì.
E così, il vecchiaccio, anche lui molto eroico e molto speciale racconta la sua storia, che vede come protagonista un certo Cain, detto anche il Principe della Nebbia, perché lo si vedeva apparire sempre proprio dalla nebbia. Cain sarebbe un mago, capace di rendere realtà ogni desiderio che gli si esprima, ma gli si deve sempre presentare un tornaconto, e non è mai nulla di carino.
Pare che il dottor Fleischmann, precedente proprietario della villa dove ora abita la famiglia Carver, e vecchio amico di Victor Kray, gli avesse promesso qualcosa di molto importante, in cambio dell'amore della donna che desiderava.
Cain si trovava sull'Orpheus quando questo affondò, insieme ai suoi scagnozzi, tutti vestiti come personaggi circensi. E, udite udite, Cain era vestito proprio da pagliaccio. Il guardiano del faro si era imbarcato clandestinamente sulla nave, proprio per tentare di fermare Cain ma, fino a quel momento, sembrava che ci avesse pensato il mare.
Solo che qualcosa sta cambiando, e forse il mago sta per tornare, per prendersi quello che è certo gli spetti di diritto: l'altra parte del patto.
Il finale, come sempre, lo lascio a chi decidesse di dedicarsi a questa lettura, anche se io non la consiglio proprio.
Non ho niente in più da dire, proprio perché questo libro non mi ha dato niente di più. Niente di speciale, anzi, direi che l'ho trovato piuttosto "artificioso", ben poco naturale, idealizzato e scontato.
Questo sarebbe stato il primo libro pubblicato dall'autore, anche se per motivi legali è stato diffuso all'estero soltanto da poco. Comunque sia, direi che (come ho potuto constatare con i miei occhi) Zafón può fare di meglio.
Molto, molto di meglio.
Voto finale: 2.
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*lady in blue*