world of darkness

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sabato 15 giugno 2013

La chiave di pezza (Cap.4)

Originariamente postato sul vecchio blog il 22 novembre 2012

Salve a tutti, rieccomi!!
Riprendo subito con il nuovo capitolo di questo racconto alquanto stranuccio, di modo da poter raggiungerne la fine in tempi brevi…
Bene bene, nella scorsa puntata avevamo lasciato Leyla e Jamie d’accordo sul da farsi: tornare insieme nella cittadina dove scomparve Hillary e usufruire di qualche giorno per tentare di scoprire la verità; una verità che Leyla è sicura verrà a galla, perché se è stata trovata la chiave, ora manca solo scovare la porta giusta..
Qui incontreremo un nuovo personaggio, Josh, vecchio collega e amico di Jamie, impiegato ancora presso la centrale di polizia di Bonnyrigg, che permetterà alle due anche di scartabellare le carte all’archivio della centrale senza grandi problemi… un uomo che farà anche un certo effetto, di sicuro poco edificante, sull’animo di Leyla…
E poi … ci saranno rivelazioni o novità?
…Leggere per scoprire …
Buona lettura!!

LA CHIAVE DI PEZZA

 

IV

LEYLA

 
Alle ore sedici di martedì tre gennaio, Jamie e Leyla si trovavano già a Bonnyrigg. Quella partenza inaspettatamente anticipata era avvenuta perché la prima si era messa in contatto con un suo vecchio collega residente nella cittadina, un certo Josh Scott, che aveva offerto loro ospitalità.
Sembrava che lui e Jamie fossero stati molto amici, insomma, se la fossero intesa a meraviglia quando lei aveva lavorato con lui al distretto.
Pareva anche che Josh vi lavorasse ancora. E questo avrebbe permesso loro di mettere anche mano all’archivio senza incorrere in scomode intromissioni.
Appena arrivarono, Leyla fu subito colpita dall’uomo che aprì loro la porta: era alto, dall’aria schiva e misteriosa anche quando mostrava il suo più largo sorriso. Aveva occhi e capelli neri, un perfetto ovale del viso e grandi mani che sembravano molto forti.
Josh e Jamie si salutarono con un abbraccio di sincera gioia di rivedersi, e Leyla si sentì arrossire fino alla punta dei capelli quando lui le porse la mano e le propose uno dei suoi misteriosi sorrisi.
Avvertì un tremito e una scossa che le percorse tutto il braccio, fino alla spalla, quando gliela strinse. Quell’uomo aveva fatto colpo su di lei fin dal primo istante: si sentiva persa e al contempo al sicuro accanto a lui, vulnerabile e turbata.
Il cuore le batteva all’impazzata quando gli posava gli occhi addosso, o quando era lui a farlo con lei, e sentiva che avrebbe voluto restare in quella casa in eterno.
Josh era fantastico.
Si sentiva avvolgere completamente dalla sua aura tenebrosa, dalla sua fragranza decisa. Era irrimediabilmente attratta da lui, anche se questo aveva già passato i trentacinque anni, mentre lei ne aveva soltanto sedici.
Leyla sapeva che avrebbe dovuto toglierselo dalla testa, anche perché lui non avrebbe mai considerato una ragazzina come lei; e dentro di sé sapeva che sarebbe stato meglio così.
Ma ciò che provò in quei momenti non volle dare ascolto alla parte più razionale di lei; le sue gote avrebbero continuato ad arrossire in sua presenza, i tremiti l’avrebbero invasa fino alle caviglie quando lui l’avesse sfiorata, anche involontariamente.
Dopo soli cinque minuti dal suo arrivo in casa Scott, Leyla quasi non ricordava più il motivo della sua visita. Si era lasciata catturare dall’ebano dei suoi occhi, e arrivò quasi a pensare che avrebbe voluto restare lì per sempre; con lui. Una piccola parte di lei, quella più impudente e folle, l’avrebbe desiderato sul serio.
Perché a Leyla sarebbe piaciuto davvero lasciarsi cullare tra le sue braccia; era certa che avrebbe incontrato una pace e una serenità infinite.
Ma sapeva anche che non era lì per quello: Leyla costrinse quelle sensazioni spiazzanti e quelle emozioni fortissime a relegarsi in un angolo, conscia di dover portare a termine il suo proposito di scoprire qualcosa riguardo a Hillary; lo doveva a tutti, anche a Laurie, perché tutto quel mistero sarebbe rimasto sepolto sotto metri e metri di neve, probabilmente per sempre, se non fosse stato per lei. Finalmente esisteva l’opportunità, per l’intera famiglia, di saperne di più, di far luce su ciò che ormai si aveva confinato nell’oblio e quella era una chance che Leyla non poteva assolutamente lasciarsi sfuggire.
Avrebbe fatto di tutto per Hillary, anche solo per darle pace.
Il cuore le aveva martellato prepotentemente nel petto quando Josh le aveva mostrato la sua camera: casa sua era piuttosto grande, le aveva raccontato Jamie mentre ancora si trovavano in viaggio e Leyla non aveva idea del tipo d’uomo da cui si stavano dirigendo, pareva che l’avesse ereditata dal nonno morto ormai da anni e, grazie al considerevole numero di stanze (non più di sei o sette a dire il vero, ma erano parecchie per un uomo che viveva solo), aveva deciso di ospitare a buon prezzo la gente di passaggio. Non che il suo fosse un vero e proprio albergo, ma ogni tanto riusciva a racimolare qualche utile monetina in più. Loro due, in ogni caso, le avrebbe lasciate alloggiare gratuitamente.
Doveva essersela intesa davvero bene con Jamie, pensò Leyla, e quando si trovò di fronte all’uomo che la turbava tanto sperò che tra lui e l’amica non ci fosse mai stato niente.
Mentre ancora erano in viaggio l’idea le era sembrata divertente, ma poi l’aveva trovata orrendamente fastidiosa. La solita parte di lei particolarmente impudente desiderava che Josh non dovesse mai frequentare nessuna donna. Anche se per Leyla fu subito difficile credere che una cosa del genere potesse accadere.
Mentre lo seguiva per il grande salone centrale, il corridoio che conduceva al vano-scala e in fondo al quale si scorgeva la porticina marrone dello scantinato, su per i gradini e infine al piano superiore, dove appunto si trovavano le camere (tutte vuote in quei giorni), Leyla si era ritrovata a domandarsi (e a immaginare), come sarebbe stato percorrere quei passi con un suo braccio intorno alle spalle, oppure stringendogli la mano. O direttamente tra le sue braccia.
Sapeva che tutto quello poteva essere soltanto un sogno, ma trovava che si trattasse del sogno più bello e affascinante del mondo.
Non riuscì ad alzare lo sguardo su di lui quando Josh le disse che era contento che lei e Jamie fossero sue ospiti e che in quella casa non avrebbe permesso loro di alzare nemmeno un dito per riassettare: loro dovevano solo mettersi a loro agio.
Quando infine Leyla si ritrovò da sola nella stanza si sentiva formicolare il corpo da capo a piedi; non sapeva se quella notte sarebbe riuscita a dormire sapendolo a poche pareti di distanza.
Ancora scossa e agitata, posò distrattamente la sua borsa contenente i vestiti per i giorni a venire su di una sedia posta vicino alla porta e andò a sedersi sul bordo del letto; subito la attrasse la statuetta che si trovava sul comodino: doveva essere in ceramica e raffigurava una donna e una tigre unite e avvinghiate nell’eleganza dei loro corpi. Sorrise pensando che avrebbe svolto volentieri il ruolo di quella donna, se Josh fosse stato la sua tigre.
Più tardi Jamie e Leyla furono accompagnate dall’uomo alla stazione di polizia di Bonnyrigg: Jamie gli aveva spiegato che stavano cercando informazioni su un vecchio caso, ma non aveva specificato di che cosa si trattasse, e gli aveva domandato il favore di condurle all’archivio. Era pur vero che Jamie stessa aveva lavorato, anni addietro, in quella centrale, ma era sempre meglio farsi precedere da qualcuno che fosse attualmente impiegato presso di essa per permettersi si scartabellare i documenti in santa pace.
Leyla si era sentita emozionatissima al pensiero di poter coinvolgere, seppur in maniera minima, anche l’uomo di cui si stava infatuando a gran velocità e, sebbene il pensiero costante di Hillary non l’abbandonasse e tenesse sempre con sé il topolino di pezza, non riusciva a non sentirsi felice ed estasiata per il solo fatto di averlo vicino. Lui era così misterioso, ma Leyla sperava di penetrare all’interno di quella tenebra e di scoprire qualcosa in più di lui. Qualcosa di certamente affascinante.
Non si era mai sentita così prima d’allora; a dire la verità, fino a quel momento, non si era mai innamorata di nessuno. Forse perché non era mai stata interessata ai ragazzi della sua età; Leyla cercava qualcosa di più: lei non voleva solo una storia come tutte le altre, ma anelava a ricevere protezione, sicurezza e a essere guardata con occhi che sapessero realmente leggerle dentro. Ma nonostante questo non avrebbe parlato a Josh di Hillary e non si aspettava nemmeno che durante quei pochi giorni di visita sarebbe nato qualcosa tra di loro.
Sperava solo di riuscire a conoscerlo, almeno un po’.
Per il resto si sarebbe sforzata di mettere da parte il batticuore (per quanto fosse possibile), e di concentrarsi sul vero motivo per cui si trovava lì.
Josh le aveva introdotte in caserma, dove tutti gli agenti presenti (tranne forse un paio, probabilmente entrati in servizio dopo il suo trasferimento) si ricordavano di Jamie e la salutarono calorosamente con baci, abbracci e battutine sulla sua promettente carriera nella capitale.
Leyla passò praticamente inosservata, ma a lei non importò più di tanto. Aveva in tasca il topolino di pezza e, stringendolo, aveva sperato che fosse realmente in grado di condurla da qualche parte. Perché la chiave doveva aprire la porta.
La porta rossa.
Lei e Jamie si erano poi dedicate allo sfoglio dell’archivio, questo senza Josh, che le aveva lasciate sole con la loro riservatezza. A dire la verità era stata Jamie a mettere le mani tra i vecchi fogli e tirare fuori senza difficoltà quelli inerenti al caso irrisolto di Hillary.
Leyla si concesse brevemente di aprire la cartelletta e di sbirciare le prime pagine: il nome Hillary Moores era scritto in alto, tra le generalità della bambina scomparsa. Sotto era stata allegata una sua foto. Di nuovo Leyla fu colpita dal disarmante senso di colpa per averla dimenticata per così tanto tempo. Forse, se avesse visto quella fotografia prima che Laurie avesse trovato il topolino di pezza che aveva sbloccato i suoi ricordi, avrebbe creduto di starne vedendo una di quando lei stessa era bambina. D’altro canto erano identiche, e in certi casi è più facile lasciare che la neve scenda e ricopra tutto. Non importa che non cancelli: a volte basta semplicemente fingere di non vedere perché qualcosa sparisca definitivamente. O almeno finché i vecchi scheletri non riemergono burlanti e pronti a rispedire indietro il malcapitato, convinto fino ad allora di aver superato tutto, di aver dimenticato.
Solo che Leyla non poteva realmente dimenticare, non più.
Aveva poi richiuso la cartelletta, decisa a leggerne il contenuto con attenzione più tardi, quando fosse tornata a casa di Josh (il suo adorato Josh), quando Jamie richiamò la sua attenzione.
Le mostrò dei fascicoli che aveva appena trovato, qualcosa di decisamente più recente rispetto al caso di Hillary: il primo recava le informazioni su una bambina scomparsa da circa un mese e mezzo, Mary Johnson, anche questa di cinque anni, di cui ancora non era stata rinvenuta alcuna traccia. Il secondo si riferiva a un caso chiusosi da poco: un uomo di nome Paul Gallant era stato arrestato il giorno sedici del mese precedente dopo essere stato sorpreso con, ancora tra le braccia, il corpo senza vita di Holly Fisher, una bambina di quattro anni scomparsa da casa da qualche giorno. Indagando sul conto dell’uomo si era appurato che questi aveva messo in atto diversi rapimenti di bambini, sia maschi che femmine, nell’arco di più di vent’anni e su tutto il suolo nazionale. Sembrava ormai certo che i minori in questione fossero destinati al commercio delle adozioni illegali.
Con Holly qualcosa doveva essere andato storto, fu il pensiero di Leyla mentre leggeva le deposizioni dell’agente incaricato al caso, forse la piccola si era ribellata e aveva tentato di scappare, per questo motivo il suo sequestratore si era sentito costretto a stringerle le dita intorno al collo fino a soffocarla. Doveva essere andata così.
Alla descrizione delle indagini facevano seguito le fotografie a esso correlate: quelle segnaletiche dell’assassino, della bimba strangolata, del furgone dell’uomo e della sua casa transennata dai nastri della polizia.
Fu l’ultima tra queste ad attrarre l’attenzione di Leyla: l’istantanea ritraeva la porta sul retro dell’abitazione. Era dipinta di rosso.
Leyla sussultò e istintivamente tirò fuori dalla tasca il topolino di pezza, che si strinse con forza al petto; in un attimo era sbiancata in volto.
La porta rossa. Era possibile che quella fosse la porta rossa che prendeva sempre forma nei suoi sogni? Deglutì rumorosamente e si impose di non iniziare a tremare.
<<C’è la porta … la porta rossa>>, fece sconvolta, senza staccare gli occhi dalla fotografia, <<hai letto? Quest’uomo rapiva bambini da più di vent’anni e in tutto il paese, potrebbe essere stato qui quando è scomparsa Hillary>>, affermò decisa Jamie.
<<E poi commerciava bambini per le adozioni illegali>>, riprese dopo qualche istante di silenzio. Leyla si sentì costretta ad alzare gli occhi su di lei, <<quello della povera…>>, e Jamie tirò verso di sé la cartellina e scorse velocemente il contenuto della prima pagina, <<Holly Fisher deve essere stato un incidente imprevisto, sai che cosa significa questo?>>.
Leyla respirò a fondo prima di rispondere, <<che se per caso c’entrasse con la scomparsa di Hillary, lei potrebbe essere ancora viva, forse con un’altra famiglia>>, dedusse con il cuore in gola.
In quel momento spostò lo sguardo sulla vetrata che divideva la stanza dell’archivio dal resto della stazione di polizia e vide che Josh rivolgeva lo sguardo verso di lei. Quello sguardo tenebroso e affascinante. Si sentì scaldare il cuore nonostante l’idea sconvolgente che aveva appena formulato.

Dall’archivio riuscirono a sottrarre la cartelletta contenente i documenti relativi alla scomparsa di Hillary, e quella dov’erano riportate le indagini sul caso Paul Gallant, l’assassino della piccola Holly Fisher. Erano potute entrare in possesso del primo perché si trattava di un vecchio caso irrisolto e ormai gettato nel dimenticatoio (e perché Jamie era conosciuta al distretto, e le indagini le aveva eseguite lei a suo tempo, forse insieme a qualche altro collega), e del secondo perché ci stava lavorando lo stesso Josh.
Quando Jamie si era accorta del suo nome tra quelli degli agenti coinvolti nelle indagini gli aveva subito domandato la cortesia di portarsi via il fascicolo.
Leyla e Jamie avevano poi trascorso quasi tutto il pomeriggio a rileggerli entrambi e a discutere sulle loro impressioni: tutte e due si erano convinte che c’era una possibilità che Gallant, che aveva operato con i suoi rapimenti su tutto il suolo nazionale per più di vent’anni, fosse implicato anche nella scomparsa di Hillary. Ad animare Leyla e la sua convinzione c’era sempre quella foto: quella della porta sul retro dipinta di rosso. Forse quella era la stessa del sogno che appariva sulla neve.
Non trovarono particolari rilevanti riguardando le informazioni sul caso di Hillary; per lo meno niente che entrambe non sapessero già, nulla di significativo.
Dalla lettura approfondita del fascicolo su Gallant appresero che i bambini rapiti da quest’ultimo oscillavano da un’età compresa tra gli zero e i sei anni; Hillary c’era dentro.
Verso le sei Jamie andò a parlare con Josh, e quando tornò disse a Leyla che c’era qualche possibilità che un paio di giorni dopo fosse consentito loro di incontrare il rapitore dei piccoli.
Mostrandogli la foto di Hillary, se davvero questa era stata presa da lui, forse avrebbero potuto saperne qualcosa di più; forse esisteva una possibilità di ritrovarla, e di ritrovarla viva.
A questo Leyla non aveva pensato, non l’aveva messo in conto. Questo era più spaventoso dell’idea di doverle solo concedere la pace. E poi, se Hillary era ancora viva, perché mai nei suoi sogni aveva sempre visto il sangue? E poi quell’urlo? Ma valeva comunque la pena provare, anche se di certo, nel caso in cui Hillary fosse stata viva e avesse fatto parte di un’altra famiglia, non l’avrebbe più riconosciuta; o meglio, si sarebbe chiesta per quale motivo quella ragazza era totalmente identica a lei. Forse invece non avrebbe tardato a ricordare tutto; perché d’altra parte quei richiami nascevano da qualche parte e non di certo dalla totale inconsapevolezza.
Leyla si chiedeva cosa avrebbe significato per tutti sapere che Hillary era ancora viva: sarebbe stata un’emozione, sì, ma sconvolgente. In fondo l’intera famiglia si era ormai abituata alla sua assenza, e poi c’era Laurie, che non l’aveva mai conosciuta.
Come avrebbe reagito la bambina vedendosi piombare d’improvviso in casa quella nuova sorella mai vista prima, esteriormente uguale a quella che stava sempre con lei, ma che in fin dei conti era una perfetta estranea? Forse Hillary, dopo tutti quegli anni, sarebbe stata una sconosciuta anche per la stessa Leyla. Era stato più facile accettare l’idea che fosse morta da tanto tempo, in fondo era ciò che aveva sempre creduto, non la atterriva più di tanto.
Ma Leyla voleva sapere a ogni costo, per questo accettò di buon grado l’idea di incontrare Gallant per mostrargli la foto della sorellina scomparsa, nella speranza che questo la riconoscesse e svelasse loro qualcosa. Perché se era giunta fin lì dopo tutti quegli anni, a qualcosa doveva pur arrivare.

Quella sera lei e Jamie cenarono con Josh al grande tavolo della sala, accanto al camino scoppiettante; lui aveva preparato dell’haggis, dimostrando di essere anche un ottimo cuoco. Leyla mangiò con gusto e avidità, più perché il piatto tradizionale era stato preparato dalle grandi mani del suo adorato che per vero e proprio amore per la pietanza, ma la trovò comunque squisita.
Era emozionante per la ragazza permettersi di osservare Josh di sottecchi, quando questo si voltava per parlare con Jamie; quando invece posava lo sguardo su di lei o le rivolgeva qualche parola, abbassava gli occhi e fingeva di concentrarsi sul proprio piatto.
Ancora una volta, quella dispettosa parte di lei particolarmente impudente le urlava nella testa che sarebbe stato davvero magnifico poter restare lì per sempre. Avrebbe voluto provare in eterno quella sensazione di avvampo che dal petto le saliva in viso fino alla fronte.
Il formicolio che la invadeva al suo contatto visivo era quasi doloroso, ma al tempo stesso era assuefacente come una droga: Leyla non voleva rinunciarvi, voleva continuare a sperimentarlo ancora e ancora, finché avesse avuto vita.
Si sarebbe accontentata di annegare nei suoi occhi scuri in eterno, senza mai avere niente di più, le bastava poterlo avere accanto.
La sua priorità in quel momento era Hillary, e di scoprire qualunque cosa le fosse accaduta undici anni prima, ma voleva concedersi quella piccola illusione dolorosa e irrinunciabile, voleva goderne fino all’ultima goccia, perché sapeva che presto sarebbe svanita: in fin dei conti aveva a disposizione soltanto quattro giorni per restare a Bonnyrigg, perché sarebbe dovuta rientrare a Edimburgo in tempo per quando fossero riprese le lezioni.
Quattro giorni per scoprire qualcosa sul conto della sorella scomparsa.
Quattro giorni per drogarsi con il pensiero di un uomo che, razionalmente, non avrebbe mai dovuto infestarle la mente.
Quando si coricò nella sua stanza strinse forte a sé il topolino di pezza; sognò di nuovo Hillary.
Questa volta si vide da bambina, stesa insieme a lei in un letto ghiacciato ricoperto di neve. In mezzo a loro stava il topolino e i suoi occhietti neri si erano fatti scintillanti, come se non fossero più fatti soltanto di filo per cucire.
Le due bambine tremavano e si guardavano in viso. Nevicava su di loro; prima neve bianca, poi fu di nuovo la volta della neve rossa, e quest’ultima finì per ricoprire interamente Hillary fino, in qualche modo, ad assorbirla completamente in sé.
Quando la sorella non le fu più visibile, Leyla si era alzata a sedere sul letto di neve e, guardando nel punto in cui Hillary si era trovata fino a pochi istanti prima, vide che si era venuta a formare la solita porta rossa. Alzò lo sguardo e, sopra di lei, aveva preso forma ancora il sole-luna blu; sempre fermo come se fosse affisso a una parete invisibile.
Tornava poi a guardare sul materasso gelido e scopriva che il topolino si era trasformato in una chiave. White Key. Quando la sollevò si accorse che non aveva cambiato la sua consistenza: era sempre fatta di pezza. L’avvicinò in quell’istante alla porta rossa scolpita dalla neve accanto a lei e portò la chiave di pezza all’altezza della serratura. Entrò e girò due volte senza forzature.
Quando la porta rossa si aprì vide solo alcuni dei suoi capelli biondi.

FINE CAPITOLO QUARTO

*lady in blue*

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