Dai che forse riesco ad aggiornare in tempi quasi decenti...Non che le cose qui siano migliorate, ma dettagli.
Comunque non mi dispiacerebbe cercare di mantere un ritmo abbastanza buono con i post...così, tanto per non andare avanti per i prossimi tre millenni :)
Oggi posto il commento di un libro, così mi porto un po' avanti con questi...ancora una volta parlerò di un testo che ho letto verso l'inizio dell'anno scorso (sarà stato tra febbraio e marzo 2013).
Un libro di Stephen King, che possiamo tranquillamente classificare come dinosauro vista la sua mole: IT.
Devo dire un testo che mi è piaciuto molto, anche se alle volte, vedendo i caratteri tanto piccoli e le infinite pagine veniva quasi da piangere...un libro che dà l'idea di essere infinito, anche se poi, in realtà, non risulta quasi mai pesante. Un libro oscuro e, sotto certi aspetti, molto astratto, che sembra nato da un incubo.
Una trama superba e dei personaggi (quasi tutti) convincenti...insomma, una lettura decisamente piacevole, anche se non di certo leggera.
Ora vi lascio al commento del testo, scritto direttamente dopo la lettura. Spero risulti interessante :)
IT
Di Stephen King
Prima di decidermi a
iniziare questo libro, sono sincera, ci ho messo un bel po’. Meglio leggere prima questo, prima
quest’altro, IT è da prendere in mano solo quando non avrò più niente da
leggere. D’altro canto parliamo di 1238 pagine: meglio andarci piano.
Ma poi è arrivato il momento
di rimboccarsi le maniche mentali e di darci
dentro. Ci è voluto un po’, ma alla fine l’agognata ultima pagina è stata
raggiunta (a dispetto della mia sensazione che questo testo non finisse mai).
Con questo libro, pubblicato
nel 1986 e che si svolge un po’ nel ’58 e un po’ nell’ ’85, l’autore si
conferma (almeno ai miei occhi, perché lo si sapeva già) un grande maestro
della narrazione, e un gran tessitore di trame horror.
Nonostante gli anni di svolgimento
della storia siano il 1958 e il 1985, tutto comincia nel ’57, dopo l’alluvione. A Derry, nel Maine, un
bambino in impermeabile giallo gioca a far correre sull’acqua piovana la sua
barchetta di carta; gliel’ha costruita il fratello maggiore, che in quel
momento è a casa con la febbre.
La barchetta, mentre se la viaggia, viene trascinata
dall’acqua in uno dei condotti che conducono alle fogne. È lì che IT, in
costume da clown con i pon pon arancioni per bottoni, appare a George, il bimbo
in impermeabile giallo. George all’inizio non vuole parlare al clown, in quanto
sconosciuto, ma questo fa le presentazioni (lui
si chiama Pennywhise o anche Bob Gray) e quindi è tutto sistemato. Beh,
almeno per il clown. Dopo avergli parlato di palloncini e di un luogo dove si vola, IT afferra George per il braccio,
e glielo stacca allegramente.
George muore, forse per
dissanguamento o forse per lo shock, sta di fatto che da quel momento in poi, a
Derry, inizierà una serie di sparizioni e di strani omicidi che hanno come
vittime bambini e ragazzi.
Ma, come si scoprirà, Derry
è sempre stata teatro di fatti strani e mostruosi. Sempre; ciclicamente.
Il fratello di George, Bill
Denbrough, ha undici anni e sarà uno dei protagonisti di questa storia, insieme
ai suoi migliori amici.
Dopo l’incidente di George,
si viene catapultati d’improvviso nel 1984, quando un omosessuale ha perso la
vita dopo essere stato gettato nel fiume da alcuni ragazzi rompiballe, classici
bulli che non hanno niente di meglio da fare che stressare il prossimo. Ma
l’uomo non è morto per annegamento, non è vero? Sia alcuni dei ragazzi che
l’hanno aggredito che l’accompagnatore della vittima hanno visto il clown che
lo trascinava e gli dava una bella sgagnata
(mi si perdoni il milanesismo)
sotto l’ascella. Ma il compagno del gay viene convinto a non testimoniare, di
modo da poter così schiaffare dentro i rompiscatole. Ma dopo ventisette anni (ventisette. Come sempre, più o meno),
c’è qualcosa che di nuovo non va. Qualcosa sta tornando, perché anche le sparizioni
e uccisioni mostruose di bambini e ragazzi ricominceranno dopo questo primo
episodio. Lo sa Mike Hanlon, l’unico degli amici di Bill Denbrough del ’58 a
essere rimasto a Derry, ed è per questo che, dopo vari tentennamenti, si decide
a fare quelle sei telefonate.
Perché loro, da bambini,
avevano giurato che se IT fosse tornato, sarebbero tornati anche loro per
distruggerlo definitivamente.
1985: Mike Hanlon, da Derry,
telefona ai suoi vecchi amici d’infanzia, con i quali ha costituito il club dei
Perdenti, dice loro che IT è tornato, e chiede loro se ricordano la promessa, e
se la manterranno. La promessa la ricordano, anche se vagamente (come vagamente
ricordano Mike, ma solo dopo aver ricevuto la telefonata), ma del resto, di
quell’estate del ’58 in cui combatterono IT, non ricordano assolutamente nulla,
nemmeno IT stesso.
Forse è soltanto uno di loro
a ricordare che cosa fosse veramente quel mostro: Stanley Uris, detto Stan,
che, dopo aver ricevuto la telefonata di Mike, si taglia le vene nella vasca da
bagno, tracciando la scritta IT sul muro con il proprio sangue. Ma andando
avanti con la storia, conoscendo meglio i personaggi, non è difficile credere
che fosse Stan il più propenso a ricordare IT, o almeno a ricordare abbastanza
da aver troppa paura per affrontarlo. Detto Stan l’Uomo, lui è il più
precisino, il più pulito, il più
diligente. Ma è anche il più piccolo nella banda di bambini, e anche il più
spaventato e il più restio ad accettare quanto sta accadendo.
Questa è comunque l’unica
telefonata di Mike a concludersi con un suicidio; gli altri cinque, anche se
terrorizzati da non ricordano bene che cosa, intendono mantenere la loro
promessa.
Così conosciamo i Perdenti:
oltre a Mike, che ancora vive a Derry e fa il bibliotecario, e a Stan, che
invece era un imprenditore di successo, troviamo Ben Hascom, che è un famoso
architetto, Eddie Kasprak, che possiede e gestisce un’importante società
adibita al trasporto in limousine di personaggi famosi, Richie Tozier, famoso DJ, Beverly Marsh, famosa stilista e, ovviamente, Bill Denbrough, famoso
scrittore. E subito la cosa salta all’occhio: o famoso o importante,
comunque ognuno di loro ha avuto successo; tutti tranne Mike, l’unico a essere
rimasto a Derry dopo quell’estate di ventisette anni prima.
Comunque non per tutti è
semplice scrollarsi di dosso la vita quotidiana per tornarsene nel Maine per
mantenere fede a una promessa che a stento ricordano a quasi trent’anni di
distanza: Ben e Richie se la cavano senza troppi problemi, anche se il secondo
si prende qualche mandata al diavolo, ma Eddie deve fare i conti con la moglie
che tanto ricorda sua madre, e Beverly deve farli con il marito che tanto
ricorda suo padre. E se il primo riesce ad andarsene soltanto lasciando la pazza che ha sposato in lacrime e reduce dalle scene tragiche infinite più
incredibili del mondo, Beverly le prende di santa ragione. Tom, suo marito, non
è un dolce individuo, e questa non è certo la prima volta che la picchia, anche
se di lui sappiamo che sua madre si divertiva molto a sculacciarlo e che, il
dolce uomo, ha capito in età adulta che è meglio essere lo sculacciatore che lo sculacciato.
Ma poi anche Beverly le suona di santa ragione a Tom e, dopo essersene andata
di casa, viene aiutata da un’amica a mettere tutto a posto per poter partire
per il Maine.
Bill, dal canto suo, è
sposato con Audra, un’attrice che deve interpretate proprio la rappresentazione
cinematografica di un suo libro, e lui finisce per rivelarle dove sta andando
prima di mettersi in viaggio. In quel momento, Bill, ricorda anche che suo
fratello non è morto e basta nel lontano ’57, ma è stato assassinato. Sembra
incredibile, ma non lo ricorda più, come non ricorda tutto il resto. E poi
sulle sue mani riaffiorano quelle cicatrici, quelle che fino a quel momento
erano scomparse, e che gli ricordano il momento del giuramento, quello in cui
Stan aveva tagliato loro i palmi con un coccio di vetro e si erano tenuti per
mano per sigillarlo con il sangue.
Ed ecco che torniamo
indietro di nuovo, nel giugno del 1958, e andiamo a conoscere questi personaggi
quand’erano bambini: hanno tutti undici anni, tranne Stan che è più piccolo,
infatti ne ha nove o dieci. Ognuno di loro ne ha una, anche se, all’inizio, Mike
non fa ancora parte del gruppo: Bill balbetta (infatti è detto anche Bill
Tartaglia), e lo fa di più dalla morte del fratello George, Ben è grasso,
Richie è una talpa con gli occhiali tenuti su alla bell’e meglio per via dei
bulli che glieli fracassano sempre con amore, Eddie ha l’asma, Beverly ha il
padre violento, Stan è ebreo (cosa che gli vale una certa esclusione) e Mike è
di colore (e per questo è visto ancora più male).
Un primo incontro tra alcuni
dei Perdenti avviene subito dopo l’ultimo giorno di scuola, quando Ben, dopo la
sua apocalittica fuga dai bulli della scuola tra cui spicca Henry Bowers,
incontra Bill e Eddie. Il luogo dove diventano amici è quello che segnerà il
loro ritrovo per tutta l’estate: i Barren (letteralmente significa sterile, arido) che a dispetto del nome è una radura piuttosto rigogliosa di
vegetazione, dove passa anche il fiume che si porta allegramente dietro una
parte delle acque provenienti dalla fogne. Lì Bill e Eddie stavano tentando di
costruire una diga, ma con scarso successo; Ben mostrerà loro come fare perché
questa funzioni e ci riesce molto bene, sebbene poi questa creerà qualche
disagio in città, ma niente di significativo. Questo atto di costruire insieme,
comunque, metterà le fondamenta per la loro amicizia.
Ben presto al gruppo si
uniscono anche Richie, detto Boccaccia per via del suo innato talento a non
tenere mai la bocca chiusa, Beverly e Stan, che già conoscevano Bill e Eddie.
A chiudere il gruppo manca
solo Mike, ma l’incontro con quest’ultimo avverrà soltanto in luglio.
I sei ragazzini, comunque,
devono sempre tenere gli occhi aperti, sia dal presunto maniaco che se ne va in
giro ad ammazzare bambini mutilandoli atrocemente, sia dai ragazzi più grandi,
in particolare al già citato Henry, figlio di un uomo noto per essere
squilibrato di brutto, e a sua volta sulla buona strada per abbandonare la
sanità mentale. Anche Henry, come IT, sarà protagonista dell’estate dei bambini
e incomberà come minaccia su di loro. Infine sarà proprio lui a spingerli al
confronto finale con IT. Anche Henry però resterà vittima di IT, ma in modo
diverso, perché non verrà ucciso da lui.
Ognuno di questi ragazzini,
comunque, avrà il suo incontro con l’essere misterioso responsabile del
massacro di bambini. Bill vivrà un’esperienza tutt’altro che allegra
riguardando l’album di fotografie di suo fratello, Eddie lo vedrà sottoforma di
lebbroso, Richie (con Bill) sottoforma di licantropo (anche se ha avuto prima
un’altra esperienza da solo, che però classificherà sempre come qualcosa di
immaginato), Beverly vedrà del sangue uscire dagli scarichi, Ben vedrà una
mummia (dopo aver visto il clown), Stan lo percepirà nella forma di bambini
morti annegati nella Cisterna della città e Mike lo incontrerà come gigantesco
uccello. I modi in cui si salvano da questa presenza sono sempre singolari, ma
in fondo significativi, come sono significative le maschere che IT indossa con ciascuno di loro: il mostro prende la
forma delle loro paure, consce o inconsce, ed è tramite queste che agisce con
tutti.
Ma forse c’è qualcosa di più
che ha aiutato questi bambini a scampare a IT, qualcosa di preordinato e di già
scritto. Qualcosa che vuole vederli uniti tutti e sette.
Tornando al 1985, assistiamo
al ritorno dei bambini cresciuti a Derry, e sarà qui, rincontrandosi e stando
insieme, che piano piano riusciranno a ricordare. Ma non tutto insieme; poco
alla volta, perché quel tutto, arrivando in una sola volta, potrebbe farli
impazzire. E non sarebbe un bene per il lettore, che fino all’ultimo resta con
il fiato sospeso perché niente è mai completamente svelato.
Questa è, a mio parere, una
particolarità molto importante di questo libro: l’alternarsi tra presente e
passato si ripete a intervalli sempre più brevi, arrivano fino a quando, alla
fine, i due momenti narrati vanno di pari passo. In questo modo niente è
scontato, niente si conosce veramente fino a che non è il momento adatto. Il
lettore apprende mentre i protagonisti ricordano e in questo modo la storia
prende, avvolge, cattura e si “srotola” davanti agli occhi dando soltanto, ogni
tanto, piccole anticipazioni che non permettono di afferrare al momento il vero
senso di quanto è stato svelato.
Tornando alla trama, e
lasciando per un momento indietro i nostri amici, scopriamo che l’adorabile
Tom, marito di Beverly, si è fatto dire a suon di pugni e minacce dove è andata
la moglie dall’amica che l’ha aiutata a scappare, e decide così di fare un bel
viaggetto per … diciamo punirla. Anche Audra, la moglie di Bill, si mette in
viaggio per Derry, decisa a stargli accanto, qualsiasi cosa sia andato ad affrontare.
Ma c’è anche qualcun altro che, aiutato da qualcuno,
si sta dirigendo incontro ai nostri eroi a Derry: Henry Bowers, ricoverato in
manicomio dopo che è uscito completamente pazzo e ha confessato, nel ’58, di
essere l’autore dei delitti avvenuti in città quell’anno. Herny è una bella
spina nel fianco, è pazzo e durante quell’estate coltiva per bene l’intenzione
di uccidere i Perdenti (e l’avrebbe fatto se fosse riuscito a prenderli) ma,
ovviamente, non è veramente l’assassino dei bambini. Ma quell’ultimo viaggetto
nelle fogne ventisette anni prima inseguendo i suoi nemici gli farà perdere quel poco di senno che gli era rimasto.
Nel frattempo gli adulti
ricordano (eccetto Mike, che essendo rimasto a Derry, non ha mai dimenticato),
e viene loro in mente come lo stesso Mike sia entrato a far parte del gruppo:
ancora una volta c’è di mezzo Henry Bowers con la sua allegra combriccola di
idioti, i quali prendono di mira il bambino di colore e lo costringono a una
delle fughe più impensabili della sua vita. Ma quando Mike raggiunge, correndo
a perdifiato, la discarica di Derry e incontra i Perdenti, (che si trovavano li
per caso quel giorno … per caso?),
danno vita alla cosiddetta apocalittica
battaglia a sassate, grazie alla quale si liberano di Henry (che giura loro
vendetta) e compari. Ed è in quel momento che avvertono il clic. Il gruppo è completo, finalmente ci sono tutti.
Anche Mike viene coinvolto
nella “storia di IT” e, dopo aver raccontato anche la propria esperienza,
l’ultimo arrivato mostra loro un album che appartiene al padre, dove sono
raccolte varie immagini e fotografie di Derry, le quali risalgono anche a molto
tempo prima. In tutte queste immagini c’è il clown, e poi, una di queste, fa
qualcosa che era già avvenuto in precedenza, nella camera del fratello di Bill.
Tutti lo vedono. Compreso
Stan, anche se lui non voleva vedere.
Ma alla fine, è Bill a
coinvolgere tutti fino in fondo, fino alla decisione finale: è Bill a volere
uccidere IT. Perché per lui è una faccenda personale: IT ha ucciso suo fratello
e, soprattutto, gli ha tolto l’amore dei suoi genitori che, dalla morte di
George, hanno creato un muro ghiacciato con lui, quasi fosse colpa sua. E Bill,
in fondo, sentirà sempre di essere colpevole per la morte del fratellino: è
stato lui a mandarlo fuori a giocare, lui gli aveva costruito la barchetta di
carta.
E gli amici, un po’ per
affetto, un po’ perché lo considerano inconsciamente il proprio capo, un po’
perché guidati da qualcos’altro che
non è mai definito con certezza, ma del quale si avverte la presenza, decidono
di seguirlo e di andare fino in fondo insieme a lui in questa folle impresa.
E avviene un primo scontro
dei Perdenti con IT: nella casa di Neibolt Street, dove Eddie aveva visto il
lebbroso e dopo Richie e Bill avevano visto il licantropo.
Qui il gruppo di ragazzini
riesce a ricacciare IT indietro, ferendolo, capendo che il mostro ha paura di
loro, e della possibilità che ci sia qualcun Altro a guidarli.
Ma lo scontro finale
arriverà soltanto in un altro momento, quello in cui si scontreranno con la
vera forma di IT, quella che nessuno di loro (da adulti) ancora ricorda e che
si nasconde sotto la città. Una forma che in verità è ciò che più si avvicina
alla realtà di IT, ciò che le loro menti possono accettare. Perché IT, in
fondo, è indefinito, è “luce cieca”, è “pozzi neri”, è qualcosa di
incomprensibile. E il clown è soltanto una delle sue tante maschere. E la
stessa denominazione che si dà di questo essere, IT, è un’efficace riprova di
quanto poco palpabile in realtà sia la sua forma.
E così si arriva all’ultimo
atto: lo scontro finale, raccontato in alternanza tra presente e passato, in
entrambi i casi attingendo al misterioso rito
di Chüd, di cui Bill ha letto in un libro.
Nell’ ’85, però, un altro
membro del club dei Perdenti mancherà all’appello per quest’ultimo scontro, ma
non rivelerò di chi si tratta, né quale sia il motivo che lo obbligherà a
mancare.
Ma se nel passato sarà stato
unicamente Bill ad affrontare IT nel concreto, così non avverrà nel presente,
perché anche gli altri faranno la loro parte, anche chi era più debole e, in un
certo senso, impossibilitato a dare
il meglio.
Il finale, ancora una volta,
come nelle mie ultime recensioni, lo lascio da scoprire all’eventuale lettore
di questa grande storia. Grande nel vero senso della parola: talvolta risulta
veramente infinita.
Il libro è senz’altro
eccezionale (anche se un particolare mi ha lasciato perplessa e un’altra,
diciamo così, scelta dell’autore, avrei preferito che quest’ultimo si fosse
evitato allegramente. Avrei volentieri accoppato sia lui che Bill in quel
momento), anche se ogni tanto, a causa della sua mole da dinosauro, un po’ lento e pesante. Ma si è sempre trattato
solo di alcuni passaggi e la storia non è mai risultata forzata o improponibile.
Ben caratterizzati i
personaggi, anche se forse Bill è un po’ troppo idealizzato, un po’ troppo
“l’eroe della situazione” e proprio per questo è quello che mi piace di meno.
Molto interessante è invece Eddie con la sua asma e i suoi disturbi cronici, con
sua madre che lo considera troppo delicato,
troppo malato, troppo indifeso per fare qualunque cosa. E non
ci si stupisce quando si apprende che, la sua inseparabile medicina per l’asma,
non è che un placebo.
Interessante anche Beverly e
il rapporto con suo padre, il quale è sempre preoccupato, MOLTO
preoccupato dal comportamento della figlia. E infine suggestiva e
inquietante la presenza di IT, che è molto più di un mostro che vive sotto alla
cittadina di Derry. Lo si sente in ogni avvenimento, lo si avverte in ogni
angolo di questo luogo immaginario. È sempre presente, è più di un ombra ed è
veramente ovunque. Lascia sempre la sensazione di qualcosa di ossessivamente
sinistro, anche quando il libro è posato sul comodino. L’immagine che più si
avvicina, per me, alla descrizione di ciò che può essere IT per Derry, è quella
di veleno nella circolazione del sangue. Ma poi, è ogni lettore che deve
stabilire. Perché molto viene, sul finire, lasciato alla libera interpretazione
dello stesso, come la vera provenienza di IT, la presenza di questo Altro che avrebbe guidato i ragazzi
nella loro missione e anche una strana figura che inizialmente viene nominata
senza che si possa comprendere di che cosa si tratti realmente, e che poi verrà
incontrata da Bill sul finire, la prima volta, nella tana di IT.
Anche Tom e Audra
incontreranno IT, ma a ognuno toccherà una sorte differente.
Questo testo dà comunque la
possibilità di meditare, principalmente sulla differenza tra l’infanzia e l’età
adulta e su quanto, in effetti, sia possibile dimenticare totalmente qualcosa,
come succede in questa storia al club dei Perdenti. E alla fine dimenticheranno
tutti, progressivamente, e questa volta anche Mike.
Il libro si suddivide in
cinque parti (suddivise poi, a loro volta, nei vari capitoli) e ognuna di
queste si conclude con un interludio, rappresentato da una sorta di diario
scritto da Mike, dove questi racconta quel che accade a Derry e quel che
avvenne in passato, andando anche ben oltre il ’58, riferendo di episodi atroci
e sinistri, sempre collegati alla città e spesso collegati all’indifferenza
collettiva.
In definitiva, un testo
superbo e affatto semplice o scontato. Più volte, durante la lettura, ci si
stupisce (o per lo meno si nota, perché anche se in minima parte, ho sperimentato
qualcosa del genere) di quanto l’autore sia entrato a propria volta nella
storia. I personaggi non sono semplici macchiette, hanno qualcosa di più.
Sembra di intuire che, nella sua mente, siano stati in un certo qual senso
realmente “vivi”, tale è l’approfondimento di ogni singolo aspetto.
Tutto è collegato, tutto è
analizzato, niente, e dico NIENTE, è lasciato “inesplorato”. Si va a fondo nei
personaggi in questo libro, in certi momenti quasi eccessivamente (non nel
senso che sia fatto in modo sbagliato, ma nel senso che non potrebbe mai
avvenire in tutti i libri, nemmeno dello stesso autore, perché sarebbe qualcosa
di mastodontico), ma questo è
senz’altro un testo unico, anche per lo stesso autore.
Quindi, libro altamente
consigliato, anche se non adatto a tutti i momenti. Come detto inizialmente,
bisogna andarci piano, e scegliere il periodo adatto per affrontare il dinosauro in questione.
Capiterà ogni tanto di
guardare sconsolati le pagine restanti dicendosi “ma arriverò mai in fondo? Aiuto!
È infinito!”, ma niente panico, è solo un’illusione.
Il commento negativo lo
infliggo soltanto alla quarta di copertina che, come spesso accade, racconta
boiate: chiunque denoti Derry come solare
e ridente cittadina, e sostenga che un gruppo di ragazzini liberi IT esplorando
per gioco le fogne, dubito abbia letto il libro.
Ancora una volta, anche di
questo testo di Stephen King è stata realizzato un film, anzi, a quanto detto
da Wikipedia una miniserie, datata 1990. Ho visto più volte questo sceneggiato
televisivo e, sebbene presenti diverse differenze con il testo (lasciando però
inalterata la trama di fondo, bella cosa) l’ho sempre trovato davvero molto ben
riuscito, soprattutto per via dell’atmosfera inquietante che produce. Credo che
in questo caso i cambiamenti rispetto al libro ci possano stare, d’altra parte
è molto complesso far stare in un film, anche se di quasi tre ore, ben 1238
pagine.
La cosa differente più
difficile da immaginare, per me che ho visto prima il film (e varie volte)
prima di leggere il libro, si riferisce a Bill: la questione è quasi (anzi,
parecchio) comica, perché nel testo lo scrittore è descritto come calvo, mentre
nel film non solo ce lo ritroviamo con i capelli, ma persino con il codino!
Cosa che me lo immaginavo sempre come nel film, fino a quando non veniva
nuovamente menzionata la sua calvizie, allora i capelli sparivano di botto.
Comunque un ottimo film, di
cui consiglio la visione, ma, come sempre (o quasi, visto che per ora per me
c’è l’eccezione di Pet Sematary) non
c’è confronto con il testo, nettamente superiore.
Voto finale: direi un bel 8/9.
A chi potesse interessare, posto qui di seguito un piccolo stralcio del film, ovvero la scena dell'incontro di IT e George (detto anche Georgie), il fratello di Bill.
(Il link, nel caso il video sopra non si vedesse: https://www.youtube.com/watch?v=lAkb2WkENhU)
***
*lady in blue*