world of darkness

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mercoledì 16 ottobre 2013

Maria Antonietta-Una vita involontariamente eroica (Stefan Zweig) [tributo del 16 ottobre]

Poteva mancare un post su questo blog proprio oggi, 16 ottobre, duecentoventesimo anniversario della morte di Maria Antonietta? Non scherziamo proprio ...
Non ho preparato, però, un tributo particolare come quello dell'anno scorso. Questo è un periodo in cui con la scrittura sono particolarmente impantanata, per di più non ha senso sforzarsi a produrre qualcosa senza l'ispirazione in proposito. Ma, piuttosto che niente, ho deciso di postare il commento alla biografia di Stefan Zweig che ho letto mesi fa (e che ho cercato per parecchio prima che fosse ristampata). Un ricordo, di qualsiasi genere, è sempre un ricordo.
E io non potrei mai esimermi dal ricordare la mia Regina quando ricorre l'anniversario della sua morte. Questo commento a proposito dell'opera di Zweig l'ho scritto appena dopo la lettura della stessa, ma poi l'ho parzialmente modificato qualche giorno fa, rileggendolo, mentre ne preparavo la bozza per il blog, di modo da poterlo postare oggi dal lavoro. Modifiche dovute senza dubbio alla rilettura che sta avvenendo in questo periodo della biografia di Maria Antonietta scritta da Antonia Fraser, citata in questa recensione come "ancora da rileggere". Non mi sembrava sensato modificare questo passaggio.
Niente da fare, quando c'entra la mia Regina, non cambierò mai ...
Ma non voglio star qui a dire le solite cose, tutto ciò che mi occorre per ricordarla si trova all'interno di questa recensione, quindi è a questa che vi lascio.
C'è un solo particolare sul quale vorrei porre una nota: il 16 ottobre 1793 cadeva di mercoledì, come oggi.
E ora ... lo troverete scritto anche più avanti, ma in ogni caso: Vive la Reine!!

***

*mercoledì 16 ottobre 1793, ore 12.15. La lama si abbatte. Ecco l'unico modo efficace per farle chinare la testa*






MARIA ANTONIETTA

–Una vita involontariamente eroica-

Di Stefan Zweig


Non da molto, avevo detto che, a breve, avrei sicuramente riletto la biografia di Maria Antonietta scritta da Antonia Fraser, ma la cosa ancora non è avvenuta, anche se conto di farlo comunque prossimamente. Ovvio, se la finisco di comprare libri quando ne ho già altri da leggere, ma, devo dire che, tra tutte le boiate galattiche che si vedono in libreria, trovo sempre un paio di testi nascosti che suscitano il mio interesse.

E così è successo con questo libro. La biografia della Regina scritta da Zweig l’andavo cercando già da diverso tempo: scritta dall’autore nel 1932, ormai era introvabile e fuori catalogo, ma si dà il caso che sia appena stata ristampata dalla Castelvecchi Editore. Un po’ di fortuna, ogni tanto!

D’accordo, lo ammetto, la copertina è orrenda, con quello sfondo rosa, la cornice grigia e il ritratto della Regina che non è nemmeno l’originale (i colori sono diversi, questa è la versione denominata Al tramonto, almeno da quanto ho appreso sul web), ma leggere questa biografia per me, aveva un suo perché.

Questo perché non è da riscontrarsi molto nel fatto che dato scritto abbia ispirato la mangaka Riyoko Ikeda per la sua opera Le rose di Versailles, che pure apprezzo molto (benché detesti a morte le infinite fissazioni delle cosiddette fans) ma, più che altro, in quello che questa biografia sia stata quella di riabilitazione del personaggio, infangato da decenni di stereotipi.

Ora, che verrà naturale pensare? Se questa biografia riabilita Maria Antonietta, sicuramente la santificherà, troverà una giustificazione a tutti quanti i suoi errori. E invece no. Anzi, come asserisce lo stesso autore nella sua nota finale: il principio fondamentale di ogni feconda analisi psicologica è nulla divinizzare, ma tutto umanizzare; non scusare con argomenti artificiosi, ma spiegare.

E questa biografia umanizza e spiega, senza mai profondersi in sentimentalismi, eroismi o santificazioni. Non ci sono mai scuse, tutta la vita della Regina è presentata con infinita e, a volte spietata, obiettività.

Per una come me, che si è sempre sentita enormemente legata a questo personaggio storico, a volte la lettura di certe frasi poteva quasi risultare fastidiosa. Ma alla fine è bene andare avanti, non lasciarsi condizionare dagli stereotipi, nemmeno da quelli positivi. Non che si debba mai dar credito a tutto:  questo libro, per esempio, essendo del ’32, riporta come veritiera la questione della fimosi del delfino, futuro Luigi XVI, che oggi sappiamo non essere assolutamente reale. Ma in questo caso c’è l’attenuante della data di stesura del testo, che si rifà a un periodo in cui sicuramente questa versione non era dubitata.

Vengono anche eliminati l’inchino della Regina al balcone nell’ottobre del 1789 (cosa che non mi sento di escludere, visto il carattere fortemente orgoglioso di Maria Antonietta. Da un lato è davvero difficile credere che possa essersi inchinata al popolo, dall’altro solo un suo inchino a quest’ultimo spiegherebbe perché non sia stata assassinata in quel momento, e io mi auguro che l'autore abbia ragione) e le parole che rivolse al boia dopo che, si dice, gli avrebbe accidentalmente pestato un piede. Quest’ultima frase, il famoso “Scusate, signore. Non l’ho fatto apposta”, l’ho sempre trovato in ogni documento che raccontasse dell’esecuzione di Maria Antonietta ma, in fondo, non mi trovavo lì in quel momento, e lo stesso vale per chi ha scritto di questa frase. Quindi, chi può dirlo? È una frase che sicuramente, per carattere e conformità, si potrebbe attribuire alla Regina, ma non si può certo confutare questa versione solo perché, in qualche modo, potrebbe togliere al personaggio qualcosa della sua eroicità (anche se io non vedo come; altro che scusate, come ho detto altre volte, io gli avrei pestato pure l'altro piede!!). 

Ma Maria Antonietta fu davvero un’eroina? Secondo questo testo sì, ma soltanto perché lo volle il caso.

L’Arciduchessa d’Austria, poi Delfina di Francia, Regina e infine Vedova Capeto, viene qui presentata in tutta la sua umanità. Viene definita una persona mediocre, comune, a nulla completamente avvezza e a nulla completamente interessata, per gran parte della sua vita. Fino allo scandalo della collana, momento in cui la Regina si desta, è descritta come uno spirito inquieto, esuberante, insofferente alle catene che la opprimono nella vita di Corte (come darle torto su quest’ultimo aspetto?). Maria Antonietta è ingenua, gentile, anche intelligente, benché si sostenga di questa intelligenza non faccia un gran buon uso, ma anche i suoi aspetti negativi ci vengono presentati senza nasconderli.

Fondamentalmente, e lo dico nonostante l’amore che mi lega a questo personaggio, per gran parte della sua vita Maria Antonietta fu una sciocca, non si preoccupò di nulla al di fuori della sua felicità, benché non lo fece mai con avarizia o cattiveria, e mai e poi mai avrebbe dovuto essere una regina. Anche se parlare di felicità, nella sua vita, sembra alquanto ridicolo.

Maria Antonietta era una donna comune, portata per la famiglia e non per la politica, che non avrebbe significato assolutamente nulla se il destino, o il caso che sia, non l’avesse fatta trovare proprio nel bel mezzo della rivoluzione. Come a dire, poteva capitare a chiunque.

Ma soffermiamoci un momento su questo fatto: questo chiunque, posto al centro di una sventura simile, avrebbe agito allo stesso modo? Per l’autore, è soltanto la tragicità che caratterizza il periodo finale della sua vita ad averla destata, ad averla fatta diventare quella che era (come sosteneva la madre Maria Teresa in una della sue lettere, quando la figlia era ancora giovane “Quand’è che diventerai quella che sei?”).
Certamente la Regina non avrebbe dimostrato tutte le caratteristiche che l’hanno resa veramente tale negli ultimi anni della sua vita, ma qualcosa di innato in lei doveva esistere comunque, altrimenti temo che di lei conosceremmo l’immagine di una donnicciola arrivata tremante al patibolo.

Leggendo queste pagine, ho avuto l’impressione, o per meglio dire la conferma, che Maria Antonietta avrebbe avuto bisogno di essere seriamente guidata nella sua vita, almeno fino alla maturità completa, periodo in cui ha dimostrato di cavarsela egregiamente con le proprie forze, anche in ciò che non era insito nella sua natura. Era una persona che tendeva a disperdere le sue energie, la sua concentrazione e persino la sua intelligenza. Avrebbe dovuto essere indirizzata sapientemente, e forse molti dei suoi errori non sarebbero stati commessi. Sebbene, ci tengo a precisarlo, non fu l'unica a commetterne. Ma perché una cosa simile avvenisse, questa sua guida avrebbe dovuto godere della sua massima fiducia e simpatia (aspetto molto importante per Maria Antonietta, per la quale, l’antipatia verso chiunque la spingeva a non considerare minimamente questa persona… e in questo caso ha tutta la mia comprensione). D’altro canto, una delle peculiarità del suo carattere era proprio quella di non saper dissimulare la simpatia o l’antipatia, cosa che alla corte di Versailles sicuramente ha fatto il suo male. Ma la Regina non sapeva essere meschina, e la sincerità era innata in lei.

Ma anche in questo caso, questa biografia non nasconde nulla. Perché Maria Antonietta saprà anche sviluppare questo aspetto a lei sconosciuto e innaturale, quando dovrà lottare per la libertà sua e della sua famiglia, quando dovrà mostrarsi accondiscendente di fronte ai francesi, e operare in segreto per ricevere aiuto dalle potenze straniere. Eppure, sebbene l’istinto di sopravvivenza e l’orgoglio la spingano a questo genere di bassezze, la sua anima profondamente sincera risentirà penosamente di queste menzogne, di questo doppio gioco. Arriverà persino a sostenere in una delle sue lettere che non sa nemmeno più chi sia realmente.

Dunque che cosa vediamo in queste pagine? Una bambina che continua a essere tale anche in età adulta, che vuole essere libera e pensare solamente a se stessa e alla propria felicità, fino a quando non è la sorte ad aprirle crudelmente gli occhi.

Ciò che ho apprezzato di questa biografia, oltre alla sincerità storica impeccabile che ogni tanto può anche infastidire quando non si riesce a essere obiettivi, ma che aiuta a comprendere veramente tutto, e quindi è sacrosanta, è stata la particolare attenzione ai dettagli che riguarda anche la fase del processo a Maria Antonietta. Solitamente, o almeno molto spesso, che cosa si trova nelle biografie della Regina? Pagine su pagine, sfiancanti ed esagerate su tutto ciò che riguarda Versailles, sia per il periodo di quando fu Delfina, sia del periodo di Regno. Ma il processo? Quello no, è sempre, o spesso, buttato lì in due righe, quasi fosse insignificante. Invece qui è presentato molto bene, dà modo di conoscere a fondo la sapienza che Maria Antonietta fu in grado di usare per rispondere ai suoi accusatori.

Aspetto che invece viene ampiamente tralasciato è la maternità della Regina e l’attaccamento ai suoi figli, come non vengono nominati i bambini da quest’ultima adottati. E, come dico sempre, questo, per conoscere a fondo Maria Antonietta, è indispensabile.

Analizzato profondamente è invece il rapporto tra Maria Antonietta e il conte Fersen, l’aspetto che forse viene reso più immortale di ogni altro. Al pari della Erickson, Zweig sostiene come certo l’amore completo tra i due ma, a differenza dell’autrice sopracitata, dà le sue più che valide motivazioni al riguardo.

Niente è lasciato al caso in questo testo, nulla alle dicerie, e questo è fortemente apprezzabile.

Si parla quindi della corrispondenza tra la Regina e, come viene spesso chiamato nel testo, l’amico, che fu ampiamente revisionata e mutilata da un discendente del conte svedese di modo da eliminare i passaggi scomodi, e del fatto che questo voler occultare una più che probabile realtà sia avvenuto soltanto per non minare la purezza della sovrana.

A parte il fatto che non vedo che cosa ci sia di impuro nel tradire un matrimonio imposto, soprattutto  se con un amore autentico, ma, in ogni caso, mi domando: è davvero necessario dare importanza a questo aspetto? Da non fraintendere, la persona di Fersen è stata sicuramente una delle più importanti per la Regina, per trarre la forza che le è servita nell’ultimo periodo della sua vita, ma quel che i due possono o meno aver fatto in privato, non dovrebbe forse restare tale? Quindi è significativo sprecare un capitolo (che forse poteva essere dedicato alla maternità) per questa questione? Amore fisico o amore platonico che sia, è forse affare dei posteri? Io dico di no. Forse è come dice l’autore (che ha le sue motivazioni più che valide, come spiegavo qualche riga più in là), ma credo sia il caso di lasciare nell’ombra la risposta a questo quesito, non per un fatto di purezza, ma di rispetto verso gli affaracci altrui.

Ma il personaggio dell’amico resta importante anche al di fuori di questo discorso (fortunatamente) e viene descritto come colui che per lei visse e per lei avrebbe preferito morire. Da queste pagine, traspare indubbiamente un animo nobile, molto più di coloro che più furono vicini alla Regina per legami familiari, e che la abbandonarono senza remore, salvo poi fingere la costernazione con odiosa ipocrisia alla notizia della sua morte.

Maria Antonietta, quindi, secondo Stefan Zweig, era una donna comune, umana, che è stata resa eroica al tramonto della sua vita dagli avvenimenti esterni, verso i quali ha saputo dimostrare la fermezza e l’intelligenza del suo carattere, che forse, altrimenti, non sarebbero mai venute alla luce.

Resa grande dalla sventura, si potrebbe dire.

Di fatti assistiamo a una vera a propria trasformazione della persona. Dapprima questo cambiamento è radicale: bruscamente dal sonno alla veglia, per dirla con stile. Con l’affare della collana la Regina si rende conto dell’odio che il Paese nutre nei suoi confronti, si accorge dei suoi sprechi, di come sia necessario cambiare rotta, di crescere. Anche se ormai, per crescere, era troppo tardi. Anche se sottolineerei, gli sprechi non erano certamente solo di suo pugno, né fu lei la causa della situazione finanziaria della Francia.

Credo che in molti citino i suoi errori senza nemmeno sapere di che cosa stiano parlando. E parecchi di questi molti temo credano ancora alla frase sulle brioche, per la quale io potrei fare del male. D’altro canto, quanta gente si stupirebbe nell’apprendere che la Regina trascore un periodo della sua vita in cui prediligeva indossare semplici abiti di mussola bianchi? Motivo per cui, ovviamente, era meglio criticarla. Non fosse mai non trovare riprovevole ogni sua azione, poi che capro espiatorio con i fiocchi sarebbe stata?  

Tornando alla biografia, da questo momento in poi, la trasformazione si fa invece più graduale, ma anche più profonda. Inizialmente incontriamo una bambina sciocca e irrequieta, alla fine siamo in compagnia di una precoce anziana che legge avidamente libri d’avventura (e, durante la sua giovinezza, Maria Antonietta aveva sempre detestato la lettura) nonostante gli occhi arrossati. Partiamo con una stolta ragazzina, anche se ricca di buone intenzioni e di ingenuità, e arriviamo al traguardo dovendo lasciare indietro una donna segnata da mille dolori e mille sventure, una donna che conserva la sua forza nonostante sia fisicamente e moralmente annientata. Una donna dai capelli precocemente imbiancati che muore con dignità.

Io credo, a differenza dell’autore, che Maria Antonietta non fosse realmente una donna comune. Sotto certi aspetti sì, soprattutto se lasciata allo sbaraglio, così come effettivamente è stato, ma volendo analizzare più profondamente l’affare, c’è qualcosa che non mi torna. L’essere umano comune, quello che, diciamo, fa parte della mia tanto adorata massa di caproni, è portato inesorabilmente per l’ipocrisia, per la menzogna, e per il volere più di ogni altra cosa uniformarsi con i suoi simili. L’uomo comune è pieno di malizia, è stupido credendosi intelligente e, soprattutto, l’uomo comune muore con le ginocchia tremanti e le lacrime agli occhi.

Maria Antonietta fu sincera, ingenua, moderna per il suo tempo e insofferente alle catene e alle restrizioni; non si comportò mai come conveniva, nel bene e nel male, ma agì sempre seguendo il suo istinto. Si comportò con leggerezza per troppo tempo, ma fu perché era una bambina nel corpo di un’adulta (ironia della sorte, alla fine fu una vecchia nel corpo di una donna ancora giovane), a causa della sua educazione non controllata e del suo carattere non mitigato. E perché il suo carattere e il suo temperamento non prevedevano per lei questo ruolo. Con questo non la si vuole discolpare, ma soltanto esporre la realtà dei fatti; i suoi errori rimangono, e non li potrei certo giustificare per niente. Anche se credo sia sempre più facile ingigantire gli errori degli ingenui, piuttosto che quelli disgustosi e volontari degli avidi.

Morì, in un certo qual senso, ricongiungendosi con la vera se stessa, come sua madre auspicava per lei già molto tempo prima. Ma Maria Antonietta fu se stessa troppo tardi.

Non credo affatto che Maria Antonietta possa giudicarsi una donna  comune. Forse mediocre, per lo meno in campo artistico e intellettuale, dato che non ebbe alcun talento specifico (benché amasse molto la musica), ma non certo nel carattere.

E questo lo dico per meditazione sull’argomento, non per partito preso.

In conclusione, un altro paio di aspetti sui quali dissentirei: l’autore paragona Maria Antonietta al Cardinale de Rohan, sostenendo che questi potrebbe quasi essere una versione maschile della Regina per ingenuità e amore per il lusso. Temo soltanto che Maria Antonietta non fosse così avvezza alla lussuria e all’immoralità del cardinale, per cui, metterli sullo stesso piano, mi sembra alquanto innaturale oltre che improponibile.

Seconda questione: l’autore sostiene che lo scandalo della collana, a cui Maria Antonietta fu sì totalmente estranea, non sarebbe mai potuto avvenire, però, se la stessa Regina non avesse, per così dire, gettato le basi per far credere di lei quanto veniva detto dai suoi accusatori. Ora, d’accordo per il lusso; l’idea che la sovrana potesse aver acquistato una collana di enorme valore poteva anche essere credibile, (anche se, una volta venuta al corrente del prezzo, avrebbe commentato la possibilità di acquistare delle navi, al posto della collana, sostenendo che si aveva più bisogno di navi che di diamanti), ma ho seri, serissimi dubbi per tutto il resto. Fu accusata di ciò che non commise principalmente per comodità e per via degli stereotipi che le si attribuivano. Come poteva far credere di intrattenere rapporti saffici con chiunque? In nessun modo, fu l’opinione pubblica ad affibbiarle questa etichetta, senza nessuna motivazione, senza nessuno spunto, soltanto perché vederla come un mostro vergognoso dava a tutti la possibilità di odiarla con un pretesto. Soltanto perché la gente, allora come oggi, è vergognosamente boccalona, e crede a tutto ciò che sente, a tutto ciò che fa comodo. Al che mi sorge spontaneo domandarmi: chi erano i veri uomini comuni?

Detto questo, credo non ci sia altro. Una biografia che ho cercato per molto tempo, che sentivo di dover leggere assolutamente. Una biografia che aiuta ad aprire gli occhi anche su ciò che forse si preferirebbe non vedere, che dà comunque la possibilità di trarre le proprie conclusioni.

Nettamente superiore a quella scritta da Carolly Erickson, ottima come quella di Antonia Fraser, anche se in modo diverso. Questo è un testo che si concentra sull’essenziale, mentre forse, quello della Fraser, ci mostra anche particolari più irrilevanti (come il fatto che Maria Antonietta si sia dovuta separare dal suo cagnolino appena giunta in Francia, o come le emorroidi di de Mercy), ma quest’essenziale non è mai buttato lì a caso. Al contrario è sempre ponderato, esposto con chiarezza e, soprattutto, analizzato con occhio critico e obiettivo.

C’è anche dell’ironia in questa pagine, volta sia contro la corte che contro la stessa Regina (come quando si sostiene, nel narrare la fuga dei reali a Varennes, che sia mai, potrebbe essere catastrofico, se la famiglia reale si sporcasse i piedi di polvere e fango nel passare da una carrozza all’altra, quindi queste dovevano essere perfettamente accostate), che credo non guasti mai.

L’autore si concede il diritto si esprimere apertamente le sue opinioni personali principalmente riferendosi a personaggi come Hébert, il quale è definito imbecille in uno degli epiteti più gentili attribuitigli. E, in effetti, per un personaggio del suo calibro, imbecille è troppo poco.

Devo dire che anche il periodo rivoluzionario è presentato davvero bene.

Dunque un libro storico, senza romanzarci troppo su, senza inventarsi fesserie soltanto per santificare o demonizzare un personaggio.

Una biografia da custodire come un documento importante, come un tesoro. Anche se, come ogni cosa, presenta la sue imperfezioni, ma credo che queste siano più legate alle impressioni personali che ad altro.

Un’ultima pecca? Questa non dovuta all’autore ma alla semplice stampa (e probabilmente soltanto della mia copia): l’ultima parola della biografia è tagliata, cosa che dà un senso di incompletezza e di profondo fastidio, sebbene si intuisca perfettamente essere il termine “dolori”.

Consigliato quindi a chi ami il personaggio di Maria Antonietta, (ma soltanto a chi sia pronto ad accettare tutto, sempre con la possibilità di crearsi una propria opinione, perché qui non si parla di una santa né di una martire), ma anche a chi sia interessato ad approfondire la conoscenza della Regina e del periodo storico a lei correlato.

Alla fine, senza fanfaronate, si tratta soltanto di cultura. Da questa si può poi creare il proprio personale punto di vista.

Torno a dire che, comunque, presto rileggerò la  biografia di Antonia Fraser, e questa volta sul serio.

Come sempre, anche se forse non è molto conforme allo spirito obiettivo di questo libro: VIVE LA REINE!!

Ma dopo tutte le modifiche pro-Regina che ho apportato a questo commento, direi che non poteva mancare.
***
*lady in blue*